Maurizio Trevisan – Vicario per la Pastorale e direttore dell’Ufficio Famiglia dell’Arcidiocesi di Modena-Nonantola
Alea iacta est. Sono queste le parole che sono balenate nella mia mente e nel mio cuore, quando nel settembre 2016 il vescovo Castellucci, in un duomo gremito, aprendo l’anno pastorale diocesano dedicato alla famiglia, dopo i due sinodi mondiali ad essa dedicati e a pochi mesi dalla promulgazione di Amoris lætitia, presentava la sua Lettera pastorale “E’ il Signore che costruisce la casa[1]”. È in quell’occasione che, alla luce del lavoro fatto negli anni precedenti e del discernimento attuato con l’Ufficio Famiglia e con diverse altre realtà diocesane, raccogliendo convintamente l’invito di papa Francesco, si avviava il percorso Amoris lætitia, un cammino che si inseriva in un solco già profondo, fatto di anni di esperienze e accompagnamento di persone ferite circa la loro vita affettiva e familiare. Erano, infatti, già più di dodici anni che in Diocesi persone divorziate, separate, risposate o abbandonate dal coniuge si ritrovavano per pregare e riflettere, per condividere e sostenersi reciprocamente, accompagnati da un sacerdote, da una coppia di sposi e da un diacono, ferito anch’egli da un’esperienza di abbandono[2].
Tuttavia era chiaro che si stava aprendo una nuova prospettiva, una sorta di conversione pastorale che segnava un punto di non ritorno, un piccolo passaggio del Rubicone che la nostra Chiesa era chiamata a fare. E questo non principalmente per la questione della riammissione o meno alla comunione eucaristica e alla riconciliazione sacramentale, di cui si discuteva e alla luce delle quali il dibattito teologico e morale era accesissimo, ma proprio per l’impostazione generale che il magistero di papa Francesco stava imprimendo alla pastorale: una conversione della comunità cristiana e dell’approccio etico alla vita, non tanto o non soprattutto a partire da un ideale astratto, ma dalla situazione reale della persona chiamata alla sequela del Signore e dunque sempre inserita in un cammino di conversione[3].
Una conversione, e questo è uno dei punti centrali della questione, che non riguarda esclusivamente o in modo preponderante la persona ferita o in condizioni non pienamente aderenti all’ideale cristiano – nella consapevolezza che probabilmente nessuno possa esserlo -, ma che abbraccia e coinvolge la comunità nel suo complesso. Concetto ben espresso da quello che a mio avviso potrebbe essere il motto di Amoris lætitia: “Camminiamo famiglie, continuiamo a camminare[4]”, nel quale l’Esortazione Apostolica, in continuità con Familiaris consortio, assume la centralità della vita familiare[5], facendo però soggetto del camminare e della conversione, non solo la famiglia in quanto tale, ma tutto il “noi” ecclesiale.
Le dimensioni dell’accompagnamento
Fin dalla progettazione iniziale del percorso si è evidenziato il bisogno di focalizzare l’attenzione su quattro dimensioni fondamentali che il vescovo Castellucci aveva raccolto nella sua lettera pastorale[6] e che ritroviamo nel documento della Conferenza Episcopale dell’Emilia Romagna del 2018 circa l’attuazione del capitolo VIII di Amoris lætitia[7].
Una prima realtà è quella di favorire un percorso di rasserenamento spirituale e psicologico e una riconciliazione anche esistenziale con la propria storia personale, ecclesiale e di fede, liberando il cuore dai lacci del risentimento rancoroso e irascibile, o dal senso di colpa che a volte non permette di affidarsi totalmente alla misericordia di Dio. Accanto a questo lavoro più tecnico e specifico, si è proposto a ciascuno di loro di intraprendere un cammino in foro interno con un sacerdote, possibilmente il proprio parroco, e/o con una coppia tutor dell’equipe diocesana. Un terzo ambito è quello del servizio nella comunità cristiana – soprattutto parrocchiale – per dare volto all’appartenenza concreta nella Chiesa ed in particolare coinvolgendo i responsabili dei contesti pastorali e caritativi in cui vivono le persone accompagnate. Il quarto elemento che fa da cerniera e raccordo tra i vari ambiti è la partecipazione al percorso diocesano, inizialmente nato come espressione e integrazione di quello già presente in città per le famiglie ferite, poi gemmato in altri cammini analoghi nei territori periferici della Diocesi, in montagna e nella bassa pianura padana.
Un primo bilancio
Nell’ultimo anno, nel solo gruppo di Modena hanno partecipato agli incontri, con cadenza mensile, circa trenta fratelli e sorelle, sia nella condizione di nuova unione, sia in quella di vita singola; tuttavia, le persone legate ai diversi cammini diocesani sono circa il doppio. Il cammino avviato per accompagnare e discernere le situazioni in vista di una possibile riammissione sacramentale, come attualizzazione del capitolo ottavo di Amoris lætitia, permette inoltre di rimettere al centro il valore dell’Eucaristia. Non si tratta infatti di abbassare il livello di accesso, come se al centro ci fosse il permesso accordato, ma di riconoscere il valore terapeutico e di alimento che rinforza il cammino dei peccatori, con al centro la conversione. Diverse delle persone in situazione cosiddetta irregolare che vivono nelle nostre comunità, infatti, nella logica del “permesso”, o si astengono dai Sacramenti, oppure vi accedono senza farsi particolari problemi, ma quando entrano nella logica del cammino, matura in loro un nuovo senso ecclesiale. Occorre investire maggiori energie sulla formazione permanente dei sacerdoti, delle coppie tutor e in generale delle comunità cristiane, con l’obiettivo di far comprendere che il soggetto educante, e allo stesso tempo educato, non è questo o quel rappresentante particolare della comunità, ma è sempre la comunità stessa nella sua complessità. È essa ad essere chiamata da Gesù, come Simone il fariseo[8], a mettere al centro e vedere la persona ferita e peccatrice che entra nella sua casa, senza fermarsi a sommari e lapidari giudizi, nella consapevolezza che quella “donna del profumo” in realtà è lei, a cui sono perdonati i suoi molti peccati e proprio perché le è stato perdonato molto, può amare molto.
L’intero articolo su Orientamenti Pastorali 1/2 (2025), EDB. Tutti i diritti riservati.
[1] Castellucci Erio, è il Signore che costruisce la casa. “Camminiamo, famiglie, continuiamo a camminare” (AL 325), Lettera pastorale per l’anno 2016-2017 per l’Arcidiocesi di Modena-Nonantola, Grafiche Tem, Modena 2016.
[2] Il percorso, dal nome “Sulla misura del cuore del Signore”, fu avviato dall’Ufficio Famiglia nel 2003 su impulso dell’allora arcivescovo Benito Cocchi.
[3] Cf. La realtà è più importante dell’idea in Evangelii gaudium 231-233.
[4] AL 325.
[5] Il “motto” dell’Esortazione Apostolica postsinodale di Giovanni Paolo II del 1981 e che apriva la terza parte del documento, intitolata I compiti della famiglia cristiana, era: “Famiglia diventa ciò che sei”.
[6] Castellucci Erio, è il Signore che costruisce la casa…, 37-38.
[7] Conferenza Episcopale dell’Emilia Romagna, Indicazioni sul capitolo VIII dell’Amoris laetitia, Accompagnare, discernere, integrare le tre parole chiave (15-01-2018).
[8] Cf. Lc 7,36-50.