Redazione Web del COP

Il web ha aperto nuove prospettive anche alla pastorale, tanto che si parla di “pastorale digitale”. Ma che cosa si intende con questa espressione? Che differenza c’è tra un normale influencer e un “missionario digitale”‘? Davvero si può evangelizzare nel web? Se ne è parlato il 13 dicembre 2023, sul circuito radio InBlu 2000 e su Tv2000, nella trasmissione In Cammino, attenta agli sviluppi del sinodo. Se ne è parlato con Fortunato Ammendolia, membro del Centro di Orientamento Pastorale, studioso di pastorale digitale, religious opinion mining, intelligenza artificiale ed etica della “machina sapiens”, autore del libro “Chiesa e pastorale digitale” (F. Ammendolia – R. Petricca, Il Pozzo di Giacobbe, 2023), testo maturato nella ricerca attiva dal 2015 nel Centro di Orientamento Pastorale (COP). Collegata, da remoto, Rosy Russo, presidente e fondatrice di Parole O_stili, presenza attiva nel cosiddetto Sinodo del continente digitale, con il claim “La Chiesa ti ascolta”.

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Ammendolia, riprendendo alcune parole di Romano Guardini (Lettere dal Lago di Como), ha affermato che per «renderci padroni del nuovo dobbiamo in giusto modo penetrarlo». Ha poi presentato un importante neologismo –  onlife –,  messo in circolo nel 2013, da intendersi come l’occhiale corretto per leggere la condizione in cui vive l’uomo d’oggi. Riprendendo una metafora più volte usata da Floridi, ha affermato che: «siamo come mangrovie, piante che vivono in un ambiente salmastro, dove l’acqua dolce del fiume s’incontra con l’acqua salata del mare. La nostra quotidianità è onlife, poiché è venuto meno il confine tra fisico e digitale, tra offline o online». E, passando alla prassi pastorale, ha evidenziato che: «la Chiesa pertanto è chiamata ad “essere missione” in questo nuovo contesto. Occorre anzitutto passare da una visione strumentale ad una visione di ambiente in cui la vita dell’uomo è sempre più immersa e tracciata». Parole confermate da Rosy Russo: «La cultura digitale è ambiente, con i suoi linguaggi».

Per Ammendolia la sfida della pastorale digitale è aprire a processi in cui la liturgia, l’annuncio e la carità – il cosiddetto tripode della pastorale ordinaria – si intersechino opportunamente con le tecnologie digitali, nella prospettiva onlife, dato che il digitale ha ricadute nella vita fisica così come la vita fisica si “riflette” nel digitale. Ci si deve chiedere: quali esperienze della vita di fede hanno piena validità se vissute digitalmente? Inoltre, per Ammendolia – così come approfondito nei primi tre capitoli del suo libro –, la pastorale digitale non si riduce alla comunicazione digitalmente mediata (anche se l’esperienza più diffusa è quella social o dei webinar…). L’ascolto della rete resta il primo passo per una Chiesa che si ripensa onlife. Aspetti tutti toccati dagli enunciati della riflessione pastorale pubblicata dal Dicastero per la comunicazione nella Pentecoste 2023: «Verso una piena presenza».

Ammendolia ha pure evidenziato che l’influencer – o testimone digitale – deve saper stare sul pezzo, in una vita che sa di Vangelo: la credibilità passa attraverso la “buona reputazione” di cui si gode nella dimensione pubblica. L’ascolto della rete resta il primo passo per una Chiesa che si ripensa onlife.

Ascolto che – per Rosy Russo – ha trovato una particolare applicazione nel Sinodo del continente digitale: non un altro Sinodo, ma possibilità per il Sinodo di raggiungere periferie esistenziali, altrimenti difficilmente raggiungibili, per «andare laddove la gente sta». Il testimone digitale è attivazione nella propria comunità credente di un nuovo modo di essere presenza della Chiesa: quante vite si possono incontrare; e non c’è solo gente geograficamente lontana, ma anche gente geograficamente vicina ma che ha sete di Dio e di prossimità, perché al di fuori della stessa comunità. Afferma: «Dobbiamo dirlo ai nostri vescovi, ai nostri sacerdoti… ».