Francesco Zaccaria – docente di teologia pastorale presso la Facoltà Teologica Pugliese

La formazione della coscienza morale implica un «noi» necessario, uno stretto legame con la comunità ecclesiale. In questo contributo intendiamo mettere in luce proprio come tra coscienza individuale e coscienza ecclesiale esista una forte correlazione, e come, quindi, la crescita dell’una favorisca la maturazione dell’altra. Partiremo dal sottolineare la centralità del discernimento come processo spirituale al quale sono chiamate sia la coscienza individuale che quella ecclesiale; poi vedremo come il discernimento della coscienza individuale debba sempre procedere in relazione alla comunità; infine osserveremo come i cammini sinodali in corso costituiscano un’opportunità irrinunciabile per la maturazione e la formazione della coscienza ecclesiale e, quindi, anche della coscienza individuale.

La coscienza individuale è chiamata in causa dalla necessità di compiere delle scelte e prendere decisioni in maniera libera e responsabile. Questo processo per il cristiano avviene nella fede attraverso il discernimento spirituale. Il discernimento è l’esercizio della coscienza credente che è chiamata a decidere e agire secondo il vangelo. La vita cristiana non è un’applicazione meramente deduttiva della legge o della dottrina, ma frutto di un discernimento della coscienza che coinvolge tutte le dimensioni della persona (cognitiva, affettiva, spirituale, corporea, etc.), nella storia e nel contesto in cui essa si trova. Le decisioni a cui approda un discernimento spirituale sono date dall’incontro tra la libertà della persona e la grazia di Dio, non sono, cioè, né il risultato della deduzione di principi e norme generali, né l’espressione di un’arbitrarietà soggettivistica slegata dalla verità. Anche la comunità cristiana è continuamente posta dinanzi a decisioni da prendere nella logica del vangelo, a scegliere i passi concreti per camminare più sicuramente nella via del Signore nelle condizioni attuali. Così come è necessario educare e far crescere la coscienza individuale del singolo fedele, così c’è da far maturare la «coscienza ecclesiale» del popolo di Dio, perché possa essere soggetto plurale di discernimento comunitario. Per papa Francesco investire nella formazione al discernimento è una vera urgenza ecclesiale, perché le coscienze siano accompagnate a scegliere superando una visione dicotomica della realtà, cioè dove tutto è «bianco o nero». Chiediamoci ora: quali sono le attenzioni che bisogna avere perché ci sia un corretto processo di discernimento spirituale e quindi una equilibrata formazione della coscienza, sia individuale che ecclesiale?

La prima attenzione da avere nel discernimento è l’attenzione su Dio, in una contemplazione dei misteri della sua vita, in vista di una «familiarità con il Signore». La seconda attenzione nel discernimento è l’attenzione sulla realtà concreta della vita, l’attenzione al contesto e alle persone reali. La terza attenzione nel discernimento spirituale richiede l’attivazione di un processo di dialogo interiore, cioè l’attenzione a sé stessi. Conoscere sé stessi, i propri desideri, i propri pensieri e tenere questa attenzione con le due precedenti, cioè con la parola di Dio e con la realtà in cui si vive, permette di comprendere meglio quali moti interiori vengono effettivamente da Dio e in che direzione si ha bisogno di crescere, maturare, convertirsi.

Tenere insieme queste tre attenzioni nel discernimento permette alla coscienza individuale e a quella ecclesiale di crescere e di affrontare la sfida delle scelte da operare per il vangelo, senza cadere nel rischio di assolutizzare solo una di queste attenzioni; l’attenzione esclusiva su Dio, infatti, porterebbe allo «spiritualismo» o al «fondamentalismo», quella solamente sul contesto condurrebbe al «sociologismo», l’attenzione limitata a se stessi scadrebbe nello «psicologismo».

La coscienza del fedele, chiamata a discernere la volontà di Dio e i passi da compiere per camminare nella sua via, non può intraprendere questo percorso di discernimento in maniera isolata dalla comunità: il discernimento non è mai un viaggio in solitaria. Il discernimento spirituale, che il fedele è chiamato a compiere per la sua vita, va sempre vissuto all’interno di una comunità, nella quale l’esperienza credente nasce, si sviluppa e si verifica: la coscienza credente cresce nella relazione con gli altri e attraverso il dialogo con i fratelli. La Chiesa sta vivendo in questi anni una grande sfida: intraprendere una conversione sinodale per essere più capace di annunciare la gioia del vangelo nel mondo di oggi. Sia il sinodo sulla sinodalità (2021-2024), che riguarda tutta la Chiesa, sia il cammino sinodale delle chiese in Italia hanno questo obiettivo missionario, che scaturisce dalla stessa domanda: «Come si realizza oggi quel “camminare insieme” che permette alla Chiesa di annunciare il vangelo, conformemente alla missione che le è stata affidata; e quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere come Chiesa sinodale?». Anche il cammino sinodale italiano, dopo due anni di ascolto della fase narrativa, si avvia alle fasi successive del discernimento, verso l’approfondimento di quanto ascoltato e la maturazione del consenso ecclesiale che prepara le decisioni dei pastori. Il parallelo posto in questo articolo tra coscienza individuale e coscienza ecclesiale permette di far comprendere meglio cosa significa il consenso ecclesiale, al quale mira l’esercizio di sinodalità che la Chiesa sta compiendo: solo il consenso mette in gioco il soggetto del discernimento individuale e la sua libertà, perché «consentire è prendere su di sé, assumere, fare proprio». In maniera analoga possiamo dire che, in un processo di discernimento comunitario, solo dove la decisione è presa insieme (tra guida e membri della comunità) ogni membro si sente interpellato in maniera responsabile, perché «risponde» personalmente delle azioni che ha messo in atto nella fase decisionale, perché la sua libertà e la sua coscienza hanno contribuito a portare a quella decisione, nell’incontro e nel dialogo con altre coscienze. In questo processo di corresponsabilità sinodale (insieme pastori e fedeli) è possibile costruire una «coscienza ecclesiale» che, in maniera analoga alla coscienza personale, discerne qual è la volontà di Dio da compiere nell’oggi ed esprime, nel consensus fidelium, il «senso» della fede di tutta la comunità, il «fiuto» dei fedeli per il significato profondo del vangelo in un dato contesto e in date circostanze. Tale questione può trovare un’opportunità di approfondimento e soluzione nei cammini sinodali in corso e in particolare riguardo ai temi della corresponsabilità e della riforma degli organismi di partecipazione ecclesiale.

I cammini sinodali, perché non restino eventi straordinari, ma diventino occasioni di conversione sinodale del cammino pastorale ordinario della Chiesa, hanno bisogno di incarnarsi in queste strutture di partecipazione ecclesiale, perché tali organismi, esercitandosi nel discernimento comunitario su questioni e temi che riguardano la vita della comunità locale, diventino stabilmente luoghi di ascolto, dialogo, consiglio, consenso e decisione ecclesiale, luoghi cioè dove la coscienza ecclesiale possa realmente maturare ed esprimersi, nella libertà e nella corresponsabilità. La crescita della coscienza individuale nella Chiesa è strettamente legata alla maturazione della coscienza ecclesiale: formare le coscienze dei membri del popolo di Dio (pastorali e fedeli) per compiere un discernimento spirituale personale passa attraverso la maturazione di una effettiva coscienza ecclesiale e la capacità di operare un discernimento comunitario. Comunità ecclesiali in grado di operare un discernimento spirituale «in comune», seppure con diversi ruoli per pastori e fedeli, saranno in grado di generare e formare coscienze individuali capaci di prendere decisioni nella logica del vangelo, con libertà e responsabilità.

(L’intero articolo su Orientamenti Pastorali 7-8/2023. Tutti i diritti riservati)