Pier Giuseppe Accornero – sacerdote, giornalista, scrittore

La Santa Sede attiva i canali diplomatici per chiedere formalmente al governo italiano di modificare il disegno di legge contro l’omotransfobia. La proposta all’esame della Commissione giustizia del Senato violerebbe «in alcuni contenuti, l’accordo di revisione del Concordato». Un atto senza precedenti (pubblici) nella storia dei rapporti tra i due Stati. A quanto risulta, mai la Santa Sede è intervenuta a livello diplomatico nell’iter di approvazione di una legge italiana, esercitando le facoltà previste dai Patti lateranensi, neppure per le leggi divorzio e di aborto.

Mons. Paul Richard Gallagher, segretario per i rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, il 17 giugno 2021 ha consegnato all’ambasciata italiana presso la Santa Sede una «nota verbale», comunicazione formale in terza persona e non firmata, delle preoccupazioni della Santa Sede: «Alcuni contenuti della proposta legislativa in esame al Senato riducono la libertà garantita alla Chiesa cattolica dall’articolo 2, commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato» del 18 febbraio 1984. I commi assicurano alla Chiesa «libertà di organizzazione, di pubblico esercizio di culto, di esercizio del magistero e del ministero episcopale» (comma 1) e garantiscono «ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione» (comma 2). Secondo il Vaticano alcuni passaggi del ddl Zan metterebbero in discussione la «libertà di organizzazione». Sotto accusa l’articolo 7, che non esenterebbe le scuole private dall’organizzare attività nella costituenda Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia e la transfobia; e l’attacco alla «libertà di pensiero» della comunità cattolica. La nota manifesta preoccupazione sulle condotte discriminatorie. «Chiediamo che siano accolte le nostre preoccupazioni».

Le critiche della Chiesa al disegno di legge sono note. La CEI è intervenuta due volte. Nel giugno 2020 i vescovi affermano: «Esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio». Il 27 maggio 2021, a conclusione della 74ª assemblea CEI, il cardinale presidente Gualtiero Bassetti dice: «Le divergenze non devono acuirsi, altrimenti si arriva allo scontro. Devono comporsi, nel rispetto della persona e della sua dignità. Sulla violenza non c’è bisogno di un’altra legge, perché la legge precedente garantisce la tutela di tutti. Riaffermiamo la difesa della persona contro ogni violenza e discriminazione perché la persona viene sempre prima di ogni possibile riduzionismo e merita assoluto rispetto: è il punto alla base della tutela amplissima della pluralità di opinioni e la libertà di esprimerle senza paura di meccanismi sanzionatori che potrebbero generare intolleranza». Accenna a temi controversi come «genitore A», «genitore B» e «gender»: «Per il genere abbiamo una visione biblica: “Maschio e femmina li creò”. E c’è sempre stata, in ogni civiltà, questa divisione di fondo. Una legge che combatte la discriminazione non può e non deve perseguire l’intolleranza».

Il disegno di legge Zan punta alla «prevenzione e al contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità». Integra la «Legge Mancino» del 1993, estendendo ad altre categorie le tutele previste dal Codice per i perseguitati per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali. Non introduce misure nuove ma amplia quelle esistenti. La maggior parte dei Paesi europei ha leggi simili.

Articolo 1 (Definizioni): a) per sesso si intende il sesso biologico o anagrafico; b) per genere si intende qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso; c) per orientamento sessuale si intende l’attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi; d) per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso. Queste definizioni introducono un concetto nuovo nell’ordinamento giuridico, quello di identità di genere. Nella sentenza 221 del 2015 la Corte costituzionale ha stabilito che l’identità di genere è un «elemento costitutivo del diritto all’identità personale, rientrante a pieno titolo nell’ambito dei diritti fondamentali della persona».

L’articolo 2 aggiorna l’articolo 604-bis del Codice penale che regola i «delitti contro l’eguaglianza» e prevede che sia «punito: a) con reclusione fino a 1 anno e 6 mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; b) con reclusione da 6 mesi a 4 anni per chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi».

L’articolo 3 introduce le stesse modifiche previste nell’articolo 2 all’articolo 604-ter del Codice penale. Attualmente prevede: «Per i reati punibili con pena diversa da quella dell’ergastolo commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, ovvero al fine di agevolare l’attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità la pena è aumentata fino alla metà». L’articolo 604-ter diventerebbe «per i reati punibili con pena diversa da quella dell’ergastolo commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, oppure fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità».

L’articolo 4 specifica: «Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti». È la «clausola salva-idee».

L’articolo 5 coordina questa legge con le norme che perseguono i delitti contro l’eguaglianza (legge Mancino).

L’articolo 6 prevede che si applichino alle persone discriminate in virtù del loro sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere o disabilità le norme previste per le «vittime particolarmente vulnerabili». Sono forme di cautela nella raccolta della denuncia, testimonianza e simili che evitano traumi e violenze a chi ne ha già subiti, per esempio alle vittime di stupro.

L’articolo 7 istituisce la «Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia» come occasione per commemorare, informare, riflettere.

L’articolo 8 stabilisce che ai compiti dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali si aggiungono quelli su «prevenzione e contrasto delle discriminazioni per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere, compatibilmente con le risorse disponibili e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».

L’articolo 9 chiarisce chi può usufruire delle case accoglienza o dei centri contro le discriminazioni motivate da orientamento sessuale e identità di genere. Sono centri istituiti finalizzati a proteggere e sostenere le vittime di violenza, anche domestica: adolescenti malmenati perché gay, lesbiche, bisessuali o transgender; coloro che per gli stessi motivi vengono allontanati o minacciati dalla famiglia. Non è vero che il ddl Zan permetterà «agli uomini che si definiscono donne» di avere accesso ai centri antiviolenza che aiutano le donne vittime di maltrattamenti: in Italia la modifica del genere anagrafico sui documenti è subordinata a una psicoterapia e all’approvazione di un giudice; l’ingresso nei centri per le donne vittime di maltrattamento è subordinato all’approvazione delle associazioni che valutano caso per caso.

L’articolo 10 affida all’Istituto nazionale di statistica e all’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori di raccogliere dati sulle discriminazioni.