Pier Giuseppe Accornero – sacerdote, giornalista, scrittore

 

«Le persone omosessuali hanno il diritto di essere in una famiglia. Sono figli di Dio e hanno diritto a una famiglia. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo fare è una legge di convivenza civile. Hanno diritto a essere protetti legalmente. Mi sono battuto per questo». Papa Francesco parla in spagnolo nel documentario «Francesco» del regista russo naturalizzato statunitense Evgeny Afineevsky, presentato alla «Festa del cinema» 2020 di Roma.

Nessuna confusione tra matrimonio e unione civile

Bergoglio si è più volte espresso sugli omosessuali e sulla loro condizione citando il «Catechismo della Chiesa cattolica» e chiarendo che non ci può essere confusione tra matrimonio e unione civile, «tra la famiglia voluta da Dio e ogni altra unione», come dice alla Rota romana (22 gennaio 2016). Al Forum delle famiglie improvvisa: «Il matrimonio non è una lotteria»; mette in guardia dalla «superficialità sul dono più grande che Dio ha dato all’umanità. Oggi – fa dolore dirlo – si parla di famiglie diversificate, di diversi tipi di famiglie. Sì, è vero che la parola famiglia è analoga –famiglia delle stelle, degli alberi, degli animali – ma la famiglia immagine di Dio, uomo e donna, è una sola» (16 giugno 2018). Parole che stupiscono solo chi dimentica la coerenza e la linearità di Francesco.

Ogni persona va rispettata

 L’intervento più circostanziato è nell’esortazione apostolica Amoris laetitia (19 aprile 2016), dopo i sinodi sulla famiglia 2014 e 2015: «Desideriamo ribadire che ogni persona, indipendentemente dall’orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione». Invita la Chiesa ad accompagnare gli omosessuali affinché «possano avere gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio». Riafferma: «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». Concetto che ribadisce decine di volte. All’Associazione delle famiglie numerose (28 dicembre 2014) parla di «maternità e paternità come dono di Dio» e sottolinea che l’accoglienza e il rispetto per gli omosessuali non possono intaccare la verità e la centralità della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna.

«Chi sono io per giudicare la persona gay?»

 Sull’aereo di ritorno dal Brasile esclama: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?» (28 luglio 2013). Sull’aereo di ritorno dall’Armenia ripete: «Non vanno discriminati, vanno rispettati e accompagnati pastoralmente. Si possono condannare, non per motivi ideologici, ma per motivi di comportamento politico, certe manifestazioni un po’ troppo offensive per gli altri. Ma queste cose non c’entrano con il problema: se il problema è una persona che ha quella condizione, che ha buona volontà e che cerca Dio, chi siamo noi per giudicarla? La Chiesa deve chiedere scusa alla persona gay, che ha offeso» (26 giugno 2016). Incontrando l’omosessuale cileno Juan Carlos Cruz – che fu vittima di Fernando Karadima, il prete pedofilo all’origine dello scandalo che ha scosso la Chiesa cilena – gli dice: «Che tu sia gay non importa. Dio ti ha fatto così e ti ama così e non mi interessa. Il Papa ti ama così. Devi essere felice di ciò che sei» (21 maggio 2018). Sull’aereo di ritorno da Dublino spiega: «Cosa direi a un papà che vede che suo figlio o sua figlia ha quella tendenza? Gli direi anzitutto di pregare. Non condannare, dialogare, capire, fare spazio al figlio o alla figlia perché si esprima. Mai dirò che il silenzio è il rimedio: ignorare il figlio o la figlia con tendenza omosessuale è una mancanza di paternità e maternità. Tu sei mio figlio, tu sei mia figlia, così come sei; io sono tuo padre e tua madre, parliamo. E se voi, padre e madre, non ve la cavate, chiedete aiuto, ma sempre nel dialogo. Quel figlio e quella figlia hanno diritto a una famiglia e la famiglia è questa che c’è: non cacciarlo via dalla famiglia» (26 agosto 2018).

Incontrando persone che partecipano a un programma della BBC: «Siamo tutti esseri umani, abbiamo dignità, se una persona ha una tendenza o un’altra, questo non toglie la sua dignità di persona» (28 maggio 2019). Ai genitori con figli LGBT: «Il papa ama i vostri figli così come sono. E anche la Chiesa li ama» (6 settembre 2020).

Per secoli Chiesa e società li perseguitano

 Ogni volta che il papa parla di omosessualità i media vanno in delirio. Il cardinale arcivescovo di Buenos Aires Jorge Maria Bergoglio, di fronte alla legge argentina che riconosceva il matrimonio tra omosessuali, distinse nettamente tra diritti civili e matrimonio come unione feconda di due persone di sesso diverso. Per secoli Chiesa e società civile respingono, opprimono, perseguitano talora fino alla morte gli omosessuali. Da quasi cinquant’anni il rifiuto non è della persona ma dei suoi comportamenti. «Persona humana. Dichiarazione circa alcune questioni di etica sessuale» (29 dicembre 1975) della Congregazione per la dottrina della fede, presieduta dal cardinale Franjo Seper e approvata da Paolo VI, dà un chiaro giudizio morale sull’omosessualità ma non disprezza il peccatore, ispirandosi al vangelo: rifiuto del peccato, accoglienza del peccatore.

Orrore per il peccato, misericordia per il peccatore

 Lo stesso il «Catechismo della Chiesa cattolica» (11 ottobre 1992): «L’omosessualità designa le relazioni tra uomini o donne che provano un’attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo sesso. Si manifesta in forme varie lungo i secoli e nelle differenti culture. Appoggiandosi sulla sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che “gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati”, contrari alla legge naturale, precludono all’atto sessuale il dono della vita, non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati (numero 2357). Un numero non trascurabile di uomini e donne presenta tendenze omosessuali radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza: si eviti ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare per la loro condizione (n. 2358). Gli omosessuali sono chiamati alla castità. Attraverso la padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno di un’amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana (n. 2359)».