Giancarlo Tettamanti – giornalista pubblicista, socio fondatore AGESC

 

L’anno scolastico è iniziato portando con sè molte sorprese – banchi a rotelle, mascherine, orari di lezione diversi secondo le varie classi, ingressi ed uscite diversificati, distanze nelle aule, e quant’altro – dovute a questa lunga pandemia che ha falsato tutte le consuetudini di approccio e di accesso precedenti, mettendo a dura prova insegnanti e alunni. Tuttavia, tra le sorprese, ce n’è una positiva: una nuova materia di studio, educazione civica e un nuovo curriculum da costruire. Con questa materia, la scuola viene incaricata di orientare le nuove generazioni a comprendere e a rispondere al cambiamento epocale che stiamo vivendo. “Oggi – come ha avuto a dire Giovanna Cipollari, nell’intervista rilasciata ad Avvenire il 27 agosto scorso – occorre diffondere le coscienza critica nei confronti del grande problema della condizione umana. Da qui l’attenzione verso i grandi problemi attuali e quei valori irrinunciabili legati alla dignità della persona, rappresentanti il filtro di lettura con cui affrontare in contesto educativo tutti i temi dell’educazione civica”. Si tratta dell’inserimento dello studio della Costituzione Italiana negli ordinamenti didattici delle scuole di ogni ordine e grado, con lo scopo di rendere consapevole le giovani generazioni delle linee di affronto e di comportamento personale e comunitario teso al conseguimento di quel “bene comune” che va alimentato in un quadro di giustizia, libertà e solidarietà.

Con lo studio della Costituzione, e delle conseguenti norme applicative, i nostri giovani potranno conoscere e approfondire diritti e doveri di ognuno, e formarsi come cittadini responsabili e attivi. Una materia nuova e importante, soprattutto nel contesto attuale di frammentazione del sapere che caratterizza la nostra nazione. Con tale approccio alla Costituzione – strumento di unione nazionale – le giovani generazioni ne scopriranno, attraverso i singoli articoli, l’importanza, ma anche orpelli contraddittori, inspiegabili paradossi, la presenza nella realtà di interpretazioni in contrasto con i suoi vari commi, e nei suoi riguardi troppe interferenze di vario genere che ne condizionano il sano sviluppo. Ma ecco che, nell’esercizio dello svolgimento di tale materia, nasce un problema: quali i criteri di insegnamento? come? da chi? con quale coscienza civile? con quale visione dell’uomo e della società?

L’educazione civica coinvolge tutte le scuole che fanno parte del “sistema nazionale di istruzione”, cioé scuole pubbliche statali e scuole pubbliche non statali paritarie, con orientamento etico e culturale diverso. In un contesto pluralistico – nel nostro Paese costituzionalmente riconosciuto – risulta evidente la necessità, e l’urgenza, che venga rispettato il “libero insegnamento”, scevro da interferenze burocratiche impositive, e ciò non significa mettere le diverse scuole – statali e non statali paritarie – le une contro le altre, bensì riconoscere ad ognuna la libertà di operare allo sviluppo concreto “del sapere e dell’essere”. Non va dimenticato che tra i diritti civili c’é anche “la libertà di cultura e di insegnamento”. Ed é in questo contesto sociale che prende consistenza la “scuola cattolica”, che è parte della comunità civile, con radici profonde nella comunità cristiana. Ne consegue che, come istituzione della comunità civile. rispetta ciò che la Costituzione indica come percorso di sviluppo comunitario, e che,  in quanto strumento formativo ed educativo della comunità cristiana, rispetta l’insegnamento del magistero sociale della Chiesa, facendone di quest’ultimo materiale culturale e principio unitario di educazione dei soggetti a lei affidati dalle famiglie e, per quanto possibile, come interpretazione degli oggetti dei saperi.

Ligia al comando evangelico ricevuto “date a Cesare quel che è di Cesare, e date a Dio ciò che è di Dio”, la scuola cattolica e di ispirazione cristiana, mentre ricorda doverosamente i vari passaggi della Costituzione ai suoi alunni, in ossequio alla materia introdotta dal Ministero, è altrettanto doverosamente chiamata ad esercitare il proprio compito educativo nella trasmissione delle conoscenze inerenti il Magistero – da Leone XIII a Francesco − senza dimenticare di confrontare i vari passaggi racchiusi nella Magna Carta, trattandoli con uno sguardo integrativo.

“La Chiesa – e così la scuola cattolica – non deve e non intende coinvolgersi con alcuna scelta di schieramento politico o di partito […] Ma ciò nulla ha a che fare con una diaspora culturale dei cattolici e delle loro istituzioni, con un ritenere ogni idea o visione del mondo compatibile con la fede, o con una insufficiente attenzione, ai principi della dottrina sociale della Chiesa sulla persona e sul rispetto della vita umana, sulla famiglia, sulla libertà scolastica, la solidarietà, la promozione della giustizia e della pace” (Giovanni Paolo II).

Non si tratta affatto di clericalismo, e nemmeno di proselitismo, ma semplicemente di promuovere una scuola – la cattolica e di ispirazione cristiana – “non confessionale, ma ben radicata nella concezione cristiana, libera e pubblica, aperta a chiunque, senza oscurare la propria identità, ma testimoniando la propria autentica forza liberante e universale; essa potrà fare spazio a qualunque uomo mosso dal sincero desiderio della verità” (Angelo Scola). Come ebbe a dire papa Francesco, “Una scuola e una cultura in uscita”, quindi, con il compito di tenere aperta la vita della scuola nella Chiesa e tenerla aperta alla e nella società.

Davanti ai grandi avvenimenti di carattere sociale, politico, nazionale e internazionale, la scuola deve accogliere la terribile e straordinaria possibilità che ha di partecipare in diretta alle grandi tragedie dell’umanità; filtri dentro la scuola quello che succede; dia un giudizio, e vengano aiutati gli stessi studenti a dare un giudizio; vengano anche promosse iniziative specifiche in cui gli studenti di scuola cattolica possano prendere coscienza e dare una valutazione su certe questioni perché aiutati e sensibilizzati a tirare le conseguenze sul piano sociale e politico la fomazione che hanno ricevuto.

Il cambiamento epocale che stiamo vivendo ci coinvolge tutti. Pur tuttavia, se la tradizione ha una funzione insostituibile nella trasmissione dell’esperienza storica che costituisce l’educazione delle nuove generazioni, e le orienta alla costruzione del  futuro, si comprende quale significato abbia la scuola. “Quando la Chiesa fonda una scuola, una università, essa non coltiva il talento, il genio o il sapere per loro stessi, ma lo fa nell’interesse dei propri figli, dei loro vantaggi umani e spirituali, della loro influenza ed utilità, allo scopo di educarli a meglio assolvere il loro ruolo nella vita, e di farne membri intelligenti, capaci e attivi nella e della società” (J.H.Neuman).