Piergiorgio Liverani, giornalista

Non è sempre facile rendersi conto di quanto i valori morali e sociali in Italia siano irrimediabilmente messi in discussione e spesso già compromessi. Quali sono allora i meccanismi con cui si è arrivati a questa crisi morale e alla costruzione di una nuova antropologia deliberatamente senza riferimenti metafisici, tutta fondata com’è sul «principio di autodeterminazione» e quindi istitutiva di una società non soltanto individualista, ma anche fortemente corrosiva di ogni senso morale? Lo strumento usato per raggiungere questi obiettivi è la politica con le sue leggi: si ricordino quelle che hanno liberalizzato i prodotti anticoncezionali e il loro apparente opposto, cioè il concepimento artificiale umano e, ancora, le leggi sul divorzio presto ridotto a una semplice denuncia allo sportello dell’anagrafe, l’aborto volontario, il riconoscimento pubblico delle coppie di fatto, il paramatrimonio omosessuale, l’eutanasia ormai prossima… Il tutto con l’aiuto insistente dei tribunali diventati in gran numero «creativi», e persino della Corte Costituzionale che, approvando l’aborto, autorizzando la fecondazione addirittura eterologa e legittimando l’adozione dei figli nati da uteri altrui affittati, ha facilitato il passaggio dall’illecito al lecito e dal delitto al diritto. Questi «istituti» sono divenuti ormai organici e «normali» mediante la progressiva istituzione di una serie di nuovi falsi diritti, cosiddetti «civili» (quasi che quelli veri fossero incivili).

Per ottenere questo risultato – una nuova antropologia cosiddetta necessaria ai tempi – bisognava sradicare le vecchie concezioni dell’uomo, della vita e dell’agire morale. Una operazione che richiedeva una propria filosofia da sostituire all’antropologia che diremmo biblica e che, di fatto, era sentita come valida anche dai non credenti. Fra i quattro e i cinquemila anni fa il re Davide chiedeva a Dio: «Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi?» (Sal 8). La risposta il Signore l’aveva già data molto prima che gli fosse chiesta, con la sua Parola scritta: «È maschio e femmina, è mia immagine e somiglianza» (Gen 27). Su questa meravigliosa sentenza e sulle successive Dieci Parole l’umanità si era costruita un’antropologia vissuta e condivisa fino a ieri: oggi l’idea-realtà dell’uomo in cui il Creatore si rispecchiava fino a farsi uomo Egli stesso nel Figlio è davvero in pericolo.

Secondo i profeti del laicismo l’uomo conosce solo se stesso e niente c’è al di sopra di lui. La sua missione esclusivamente terrena e senza prospettive spirituali è regolata da una sola legge: il principio di autodeterminazione (vedi, per esempio, la gestione commerciale dell’utero e l’abbandono di quasi tutte le Dieci Parole). La religione di questi profeti è la Scienza, la loro dea la Tecnica, il loro tempio la Banca. In linea con questa idea di uomo-senza-Dio sono anche i loro sacrifici umani: l’aborto, l’embrione «donato alla Tecnica» o imprigionato nei superfrigoriferi di azoto liquido a meno 196, l’eutanasia, il suicidio. La sua fede è il rifiuto dei propri limiti: il presuntuoso Homo Eruditus del terzo millennio non si è ancora accorto del limite delle proprie capacità, quello che lo fanno grande, cioè in grado di credere in un Creatore illimitato e di sperimentare – unico essere terrestre – la propria libertà e, insieme, il suo essere dotato di un limite prezioso. Insisto: è questo, infatti, che lo fa grande, perché conosce l’Infinito e sperimenta l’Indefinibile che è Amore. Invece lui, ciò nonostante, si autodetermina, ripudia il suo alter, si rende sterile, riduce a oggetto il figlio, autorizza la propria fine o se la procura da solo, muta l’amore in passione, è privo di speranza… E quando vuole superare i suoi limiti combina disastri: mette in crisi il matrimonio (quello vero) e la famiglia (quella naturale della Costituzione e della Chiesa), fa sposare quelli che non possono farlo, ha paura della morte ma se la cerca o se la dà, si fabbrica i figli ma li abortisce, realizza uguaglianze che discriminano (vedi il caso omosessuali), rivendica la giustizia che, però, non sa quale sia perché ognuno si fa la propria… Infine non sa più nemmeno se sia maschio o sia femmina.

Gli strumenti usati dai profeti del laicismo sono abbastanza raffinati: sono i nuovi «diritti civili» e, con questi come capofila, l’antilingua, cioè le «parole dette per non dire quello che si ha paura di dire»: è con queste antiparole, gradevoli ma sottilmente menzognere, che ci si difende dalla verità e si riesce a cambiare ciò che si vede, si pensa, si fa, ma si perde l’orizzonte dell’etica, cioè del rispetto della dignità propria e altrui. Siamo sull’orlo della crisi dell’umanità. Dio ci aveva fatti «signori«, non padroni di questa minuscola terra al centro di un universo che sembra infinito.

Questa mia breve riflessione vorrebbe essere un promemoria, un richiamo alla gravità del regime dei «diritti civili», che in realtà sono non diritti ma «distorti», perché derivano da quel «principio di autodeterminazione», che è la base di tutte le deviazioni morali di oggi.

Rimando ad un mio testo, con cui ho più ampiamente affrontato questo tema:  «Diritti Distorti -La legalizzazione dei desideri», edito da Ares, Milano.