Pier Giuseppe Accornero – sacerdote, giornalista, scrittore

Papa Francesco difende san Giovanni Paolo II «oggetto di illazioni offensive e infondate» nella certezza «di interpretare i sentimenti dei fedeli di tutto il mondo». Lo ha fatto dopo il «Regina coeli» del 16 aprile 2023, nella «domenica della Divina Misericordia», istituita nel 2000 da Wojtyla, obiettivo di accuse oscene legate al caso Orlandi, mosse sulla base di anonimi «si dice», senza testimonianze o indizi, da Pietro Orlandi – fratello di Emanuela sparita a Roma – e dall’avvocato Laura Sgrò. Da quarant’anni Pietro Orlandi accusa direttamente la Santa Sede e indirettamente il Papa. Da lui c’è da aspettarsi nuove puntate di fango.

«Pensate cosa sarebbe accaduto se qualcuno affermasse in televisione, sulla base di un “sentito dire” da fonte anonima e senza un riscontro o una testimonianza, che vostro padre o vostro nonno di notte usciva di casa e insieme a qualche “compagno di merende” andava in giro a molestare ragazze minorenni. E immaginate che cosa sarebbe successo se il vostro parente, defunto, fosse universalmente conosciuto e da tutti stimato. Non avremmo forse letto commenti ed editoriali indignati per il modo inqualificabile con cui è stata lesa la buona fama di questo grande uomo?». Comincia così l’editoriale di Andrea Tornielli su «Vatican News», l’agenzia vaticana delle notizie.

L’impensabile è accaduto e, a nostro parere, è sacrosanta un’inestinguibile indignazione. L’accusa è stata lanciata da Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, la ragazza scomparsa a Roma nel giugno 1983. Lo fa in presenza dell’avvocato Sgrò che annuisce. Pietro racconta che papa Wojtyla la notte usciva insieme a due monsignori polacchi per andare a cercare ragazzine. «Il tutto – aggiunge Tornielli – come indiscrezione credibile, accompagnata da qualche sorrisino ammiccante, come se si parlasse del segreto di Pulcinella. Prove? Nessuna. Indizi? Men che meno. Testimonianze almeno di seconda o terza mano? Neanche l’ombra. Solo anonime accuse infamanti». E in un audio Marcello Neroni, sedicente membro della banda della Magliana, asserisce – senza prove, indizi, testimonianze, riscontri o circostanze – che Giovanni Paolo II «pure insieme se le portava in Vaticano quelle». Per porre fine a questa «schifezza» il segretario di Stato di allora, cardinale Agostino Casaroli, si sarebbe rivolto alla criminalità organizzata – cioè la banda della Magliana – per risolvere il problema. «Una follia – sentenzia Tornielli –. Questo massacro mediatico intristisce e sgomenta ferendo il cuore di milioni di credenti e non credenti. La diffamazione va denunciata perché è indegno di un Paese civile trattare in questo modo qualunque persona, viva o morta, chierico o laico, papa, metalmeccanico o giovane disoccupato. È giusto che tutti rispondano degli eventuali reati, se ne hanno commessi, senza impunità o privilegi. Ma nessuno merita di essere diffamato senza uno straccio di indizio, sulla base dei “si dice” di qualche sconosciuto del sottobosco criminale o di qualche squallido anonimo commento propalato in diretta tv».

Sul caso Orlandi nel gennaio 2023 è stato riaperto un fascicolo dal promotore di Giustizia vaticano, Alessandro Diddi. Una decisione che conferma la volontà di papa Francesco e della Santa Sede di fare chiarezza sulla vicenda. Martedì 11 aprile 2023 Pietro Orlandi, accompagnato dall’avvocato Sgrò, è stato ricevuto da Diddi per rendere dichiarazioni e informazioni. Un colloquio durato quasi otto ore e – per quanto se ne sa – approdato a nulla. Perché Orlandi e Sgrò si rifiutano di fare nomi. Sabato 15 aprile al promotore di giustizia vaticano l’avvocato – che ha più volte lamentato di non essere stata convocata – ha scelto di opporre il segreto professionale e si è rifiutata di riferire da chi lei e Orlandi hanno raccolto le «voci» sulle presunte abitudini di Wojtyla che – ha detto il fratello in una trasmissione – «la sera se ne usciva con due suoi amici monsignori polacchi, e non andava certo a benedire le case». Il promotore di Giustizia assicura più volte di voler andare sino in fondo e di indagare ogni pista possibile per cercare la verità, avendo ricevuto un preciso mandato da Francesco e dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin. Parolin che, interpellato dai giornalisti, ribadisce l’impegno: «Le indagini su Emanuela Orlandi vanno avanti, vogliamo chiarire, lo dobbiamo alla mamma che soffre molto». Da notare che il prudentissimo diplomatico Parolin non nomina neppure Pietro Orlandi, fratello della cittadina vaticana scomparsa a 15 anni.

«Ignobili insinuazioni, accuse farneticanti, irrealistiche e risibili». Il cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo emerito di Cracovia, difende il Papa che ha servito per oltre quarant’anni come segretario particolare. Il cardinale in una nota parla di  «avventatissime affermazioni, ma sarebbe più esatto dire ignobili insinuazioni» e auspica che «l’angosciante vicenda possa affrancarsi dal gorgo dei depistaggi, mitomanie e sciacallaggi» che la caratterizzano da quarant’anni: «Le insinuazioni, che si vorrebbero scaturite da inafferrabili ambienti della malavita romana, sono in realtà accuse farneticanti, false dall’inizio alla fine, irrealistiche, risibili al limite della comicità se non fossero tragiche, anzi criminali». Riconosce che «un crimine gigantesco» è stato fatto a Emanuela e alla sua famiglia. Altrettanto «criminale è lucrare su di esso con farneticazioni incontrollabili, volte a screditare preventivamente persone e ambienti». Il cardinale testimonia, come segretario di Giovanni Paolo II, «senza il timore di smentite, che fin dal primo momento il Papa si è fatto carico della vicenda, ha agito e fatto agire perché essa avesse un felice esito, mai incoraggiando occultamento».

Sulle uscite serali di papa Wojtyla il giornalista e conduttore-tv Andrea Purgatori mostra un vecchio suo articolo del 15 maggio 1981 quando era cronista del «Corriere della Sera». Spiega: «Mi è venuto in mente che mi fu chiesto di scrivere un pezzo per il “Corriere” due giorni dopo l’attentato» del 13 maggio1981 – in piazza San Pietro il turco «lupo grigio» Mehemet Alì Agca sparò al Papa – intitolato «Wojtyla esce anche solo e senza avvisare nessuno». Aggiunge il giornalista: «Una notte cercavano il Papa nel suo appartamento e non lo trovarono, era sua abitudine uscire autonomamente senza scorta».

La presidenza della CEI si unisce a Francesco, ne condivide il pensiero: gli attacchi sono «illazioni offensive e infondate». Giovanni Paolo II il 30 aprile 2000 affermò: «Il messaggio della Divina Misericordia è anche un messaggio sul valore di ogni uomo. Ogni persona è preziosa agli occhi di Dio, per ciascuno Cristo ha dato la sua vita, a tutti il Padre fa dono del suo Spirito e offre l’accesso alla sua intimità». I media italiani, sempre solerti in difesa della libertà e completezza dell’informazione, brillano per la totale assenza di commenti indignati: hanno perso la voce, sono diventati muti.