Maria Elisabetta GANDOLFI – caporedattrice de Il Regno Attualità

E se le donne che sono a servizio della Chiesa d’un tratto sparissero, che cosa succederebbe? La domanda è naturalmente provocatoria, ma al fondo significa riconoscere un dato di fatto tanto scontato quanto indefinito nel dettaglio, che cioè la Chiesa è fondamentalmente fatta di donne, ma quante? Le catechiste sono prevalentemente donne, le perpetue, le sacriste, le messalizzanti quotidiane sono donne, le consacrate e le religiose sono molte di più dei colleghi religiosi… in una Chiesa gerarchicamente rappresentata solo da uomini, o quasi.

Della questione femminile nella Chiesa cattolica ci si sta occupando non da oggi, naturalmente. Oggi è diventata particolarmente urgente per il combinato disposto di due pressioni: da un lato quella delle donne stesse, o, almeno di alcune che, a partire da una generalizzata consapevolezza che il gender gap non sia nei fatti tollerabile, ne chiedono ragione alla Chiesa gerarchica.

Dall’altro per quella del calo del personale ecclesiastico che, pur annunciato da tempo, lascia scoperti ruoli centrali nella vita delle comunità ecclesiali.

Dunque, i numeri. Partiamo dal livello base dei catechisti. In Italia ci sono 25.608 parrocchie e, ammettendo che ogni parrocchia abbia almeno due catechisti, si può stimare questo universo a partire da 51.216 unità, fino a… 290-300 mila? Se ipotizziamo che di queste l’80% è donna, si potrebbe concludere con molta approssimazione che in Italia ci sono almeno 40.970 catechiste e forse anche 240 mila.

Sicuramente per valutare il grado di riconoscimento della massiccia presenza femminile nel campo della catechesi (come in altri) si può osservare il dato della presenza negli organismi diocesani e regionali sullo schema degli uffici della CEI. Su 225 diocesi, 14 sono le donne (laiche e religiose) che dirigono un Ufficio catechistico diocesano; in totale, percentualmente parlando, siamo a un 10% scarso su tutte le diocesi.

A livello regionale, poi vi è una donna delegata regionale per la catechesi (Toscana), un’altra referente regionale per il catecumenato (Abruzzo-Molise) e tre per la catechesi delle persone disabili.

Molte donne partecipano alle consulte degli uffici liturgici sia diocesani sia nazionali, specialmente per ciò che riguarda la conservazione dei beni culturali, spesso però provenendo dall’ambito disciplinare dell’architettura più che da quello liturgico-teologico.

Proseguendo questa piccola disamina dei principali ambiti pastorali dove il ruolo delle donne ottiene un riconoscimento ufficiale, il settore vocazioni vede un direttore donna presso il Centro regionale vocazioni della Lombardia; nove direttrici diocesane (di cui sei religiose), una coppia di sposi e tre soli uomini.

Negli uffici missionari, Toscana e Umbria hanno una segretaria regionale ciascuno (in Triveneto è segretario un laico); mentre i direttori dei centri missionari diocesani laici sono così ripartiti: 24 sono uomini e 18 sono donne.

Per quanto riguarda la pastorale scolastica e universitaria, delle 15 regioni pastorali, sei hanno responsabili regionali laici: tre donne e tre uomini; nelle 225 diocesi italiane, invece, ci sono 57 direttori diocesani uomini per la pastorale scolastica e 14 per quella universitaria, contro 31 donne direttori e sei vicedirettori per quella scolastica e sei direttori donne per quella universitaria.

Il settore pastorale più contiguo a quello scolastico è quello dell’insegnamento della religione cattolica: a livello regionale vi sono sette uomini contro cinque donne responsabili regionali per l’IRC; a livello diocesano, invece, rispetto ai 61 uomini direttori di uffici per l’IRC vi sono 30 direttrici e quattro vicedirettrici donne.

Guadagna la palma per la presenza del maggior numero di laici il settore della gestione economica. In Italia ci sono 82 economi diocesani e 13 econome: 96 diocesi, cioè quasi la metà (42%) affidano a laici un settore sotto molti aspetti delicato (e sempre più complicato) della vita ecclesiale. Più o meno sono simili le proporzioni per i referenti regionali del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica: 11 sono i referenti regionali (solo uomini), 109 gli incaricati diocesani uomini e sette le incaricate donne.

Per quanto riguarda le comunicazioni sociali, è interessante andare a rilevare il dato dei settimanali diocesani. Sono 183 i settimanali diocesani aderenti alla Federazione italiana stampa cattolica (FISC), presenti in 160 diocesi. Li dirigono 19 donne, assieme a 31 responsabili amministrative.

Quanto alla Caritas italiana, organismo collegato alla CEI che ha un capillare e storico ruolo nelle diocesi italiane, 15 caritas diocesane sono guidate da laiche (di cui cinque religiose), per non parlare delle ramificazioni parrocchiali che sicuramente, al pari della catechesi, si potrebbe arguire, vedono una massiccia presenza femminile.

Tuttavia, per quanto riguarda gli uffici CEI corrispettivi a queste aree che abbiamo passato in rassegna, a parte il ruolo di coordinatrice nazionale del neonato Servizio nazionale per la tutela dei minori, non vi sono donne con responsabilità direttive, a fronte di quattro uomini-direttori (Ufficio scuola, Comunicazioni sociali, Servizio nazionale per la promozione del sostegno economico alla Chiesa, Economato e Amministrazione).

Tuttavia, in questo percorso alla ricerca delle donne nella pastorale, ho incontrato suor Tiziana Merletti, canonista anche per la federazione internazionale delle religiose (la UISG), referente diocesano per la tutela dei minori, e che partecipa al tavolo CEI – USMI sul tema delle convenzioni tra diocesi e istituti religiosi. È grazie a lei che ho quindi rivolto il mio scandaglio anche a un altro settore della vita della Chiesa che recentemente ha recuperato vigore: quello del diritto canonico e in particolare all’interno dei tribunali ecclesiastici.

Su 23 tribunali che hanno fornito informazioni relative al proprio organico, rispetto ai 34 tribunali censiti dalla CEI che si dedicano alle cause di nullità matrimoniale, 144 donne vi lavorano stabilmente (a seconda del ruolo) con i seguenti incarichi: 16 giudici, 29 difensori del vincolo (+ 13 sostituti), due promotori di giustizia (+ un sostituto), 16 patroni stabili, sei uditori, otto cancellieri (+ tre vicecancellieri), 46 notai (+ quattro sostituti).

L’interesse delle donne per la teologia è in crescita e non è solo il frutto di una moda. È principalmente l’esito del lungo lavoro di sensibilizzazione cresciuto e alimentato con molta pazienza anche dal Coordinamento delle teologhe italiane, nato solo nel 2003. Oggi le iscritte sono 160, con una piccola quota di cinque soci uomini, desiderosi di sostenere il percorso del gruppo.

Ma le donne sono presenti in tutte le associazioni teologiche. L’Associazione teologica italiana, di cui è vicepresidente Serena Noceti nel 1993 – sempre secondo Carfora – su 244 iscritti aveva 17 donne (6,96%); nel 2010 su 314 ne contava 27 (8,59%); oggi su 201 aderenti le donne sono 23 (11,44%).

Poi vi sono socie nell’Associazione teologica italiana per lo studio della morale: 43 (sui 252 colleghi uomini sono il 17%); nell’Associazione biblica italiana: 65 ordinarie (sui 200 colleghi uomini sono il 32,5%); nell’Associazione italiana dei catecheti: 22 (26,19%); nell’Associazione mariologica italiana: 26 (che rappresentano il 29,88% dei soci); e infine nella Società italiana di ricerca teologica, fondata da una donna, Cettina Militello: 15 (21,42%).

L’excursus sin qui compiuto – con molti limiti –indica cifre e modalità di una presenza ricca e variegata delle donne nel mondo ecclesiale italiano: la conoscenza di questa realtà è il primo e necessario passo per il riconoscimento di una presenza fondamentale per la vita e il futuro della Chiesa.

 

(tratto da M.E. Gandolfi, «Quante sono le donne nella Chiesa? Conoscere i dati per riconoscere una presenza», in Orientamenti Pastorali 10[2020]. Tutti i diritti riservati. È possibile leggere l’intero articolo su questo link)