Domenico Sigalini – Presidente del COP

Se fossimo vissuti tra il 1300 ed il 1600, avremmo conosciuto bene la storia di questo santo pellegrino, uno dei più famosi in tutto l’Occidente come protettore e guaritore dei malati di peste, che proprio in quei secoli stava condizionando la vita e la morte nel mondo allora conosciuto. Le epidemie di peste furono capaci di cancellare l’esistenza di un terzo della popolazione dell’Europa. Il paradosso è che, a fronte della sua estrema popolarità, poche sono le notizie sulla sua vita, tanto da essere da taluni messa in dubbio la sua esistenza; ma la Chiesa lo canonizza ufficialmente, intorno al 1600, per mettere “ordine” al culto popolare. Nasce tra il 1345/50 a Montpellier (Francia), in una famiglia benestante, forse nobile, cristiana. Vive in un mondo segnato dal flagello della peste (in due anni muore in Europa metà della popolazione) e nel quale la Chiesa attraversa un grande momento di crisi spirituale, di fede e di tradimento del vangelo. Dio però ha fatto sorgere nello stesso tempo molte figure di santi che l’hanno “convertita”.

All’età di 20 anni resta orfano di padre e madre e decide, forse spronato dalle ultime parole del padre morente, di seguire Gesù Cristo. Forse entra nel terz’ordine francescano, quindi lascia tutti i suoi beni, veste l’abito da pellegrino e parte per Roma. Durante il suo pellegrinaggio si dedica alla assistenza e guarisce molti malati di peste in modo miracoloso. La sua fama di guaritore si diffonde.

A Piacenza si ammala anche lui. Soffre così tanto che è allontanato dall’Ospedale perché “disturba” con i suoi lamenti. Resta solo in un bosco dove verrà salvato da un cane che gli porterà pane tutti i giorni. Il padrone del cane, Gottardo, incuriosito dal suo comportamento, lo seguirà e così conoscerà e diventerà poi il suo unico discepolo. Ripartito verso Montpellier, in una località non nota (probabilmente in Italia), viene fermato e sospettato di spionaggio.

Verrà messo in prigione perché si rifiuterà di dire il suo nome, in quanto aveva fatto voto di non rivelarlo per non godere dei benefici derivanti dalla sua nobiltà. Lì rimarrà, per 5 anni, morendovi il 16 agosto tra il 1376 ed il 1379. In Italia a lui sono dedicate oltre tremila tra chiese, oratori e luoghi di culto.

Caratteristiche della sua iconografia: uomo in età adulta, il vestito da pellegrino, con il cappello a larghe falde, il cane che gli porta il pane, un segno (in genere sulla coscia sinistra) della peste da lui contratta.

È un segno della cura di Dio nei confronti delle sofferenze degli uomini. Dio si cura di noi e fa convergere la vita degli uomini entro il suo disegno di amore. San Rocco sa cambiare i suoi piani perché ha osservato la realtà con gli occhi di Dio. Che gli sarebbe valso arrivare a Roma in pellegrinaggio, magari per lucrare indulgenze, per mettersi a posto l’anima, diremmo noi, se non avesse soccorso i sofferenti che ha incontrato numerosi lungo la strada? Il cristiano si misura sempre con la realtà, con la vita, con la povertà e la sofferenza. Ha imparato a fare questo da Cristo.

Chi ama Dio lo fa per puro amore, non per avere una assicurazione, una polizza sulla vita. Anche nei riguardi di Dio spesso vien fuori il nostro animo commerciale: se ami Dio vedrai che ti andrà bene. Invece anche san Rocco prende la peste.

Anche lui sperimenta il dramma di Giobbe, l’uomo giusto che vede ogni giorno abbattersi su di lui la disgrazia, la prova, il fallimento. La moglie lo beffa. “Vedi? Continua a comportarti bene! Vedi come Dio ti ripaga?!”. L’amore per i poveri e i malati non l’ha vissuto per barattare con Dio una vita privilegiata, ma perché amava Dio e lo vedeva nel volto dei sofferenti come hanno fatto tanti santi e come fa ogni vero credente.

Dio lo si ama perchè è Lui, perché è la nostra pienezza. I suoi piani noi non li conosciamo, ma non ci abbandona. Se ama, ama per sempre. Abbiamo sempre negli orecchi e nel cuore il Magnificat di Maria, quel bel canto che dice tutte le meraviglie che Dio fa per noi, quei sette verbi che dicono la certezza di essere amati e difesi da Dio: ha disperso i superbi, ha rovesciato i potenti, ha rimandato i ricchi, ha soccorso, ha esaltato, ha ricolmato, ha dispiegato la sua forza. Dio se ama, ama per sempre, senza se e senza ma.

Dio è grande, non ci abbandona, ama i suoi figli a uno a uno. Noi vogliamo essere suoi figli; non è questo il tempo di imitare san Rocco, di pregare Dio perchè dia anche a noi la forza di posporre tutte le nostre preoccupazioni, le nostre paure, i nostri egoismi alla carità verso le persone sole e bisognose di cura?

Vorranno dire qualcosa le tante chiese dedicate a lui in Italia e i tanti devoti che ancora oggi si aggregano nel suo nome! Ci vergogniamo se attraverso la sua intercessione preghiamo Dio di aiutarci a debellare questa pandemia, che forse a noi non fa danni eccessivi, ma ai poveri ne fa molti di più e li relega nella loro povertà? Noi paesi ricchi riusciremo a uscirne forse in piedi, ma il divario tra i ricchi e i poveri ha raggiunto oggi distanze incalcolabili. E noi stessi piangiamo tante persone care che ci hanno lasciato, che sono scomparse senza un ultimo nostro saluto, carezza, abbraccio. La dedizione di tanti operatori della salute e dell’ordine pubblico ci sono di esempio e anche in loro nome ci vogliamo convertire e non ritornare a essere egoisti come prima della pandemia.