Salvatore Ferdinandi, vicario generale della diocesi di Terni Narni Amelia

 

Secondo la modalità pastorale ampiamente diffusa, per i ragazzi incamminati sul percorso dell’iniziazione cristiana, dopo aver ricevuto la prima comunione, arriva il momento della cresima. La preparazione per ricevere questo sacramento ha una durata variabile anche se, di solito, è di circa due anni, un tempo che si colloca tra la fine della scuola elementare e l’inizio della scuola media.  Per i catechisti, la difficoltà maggiore è riuscire a catturare l’attenzione dei ragazzi di questa età e far comprendere che il sacramento della cresima non conclude il percorso di formazione cristiana né tanto meno è il congedo dalla vita della comunità cristiana. In questi decenni, molteplici sono stati i tentativi perché il sacramento della cresima non rappresentasse il momento dell’abbandono di comportamenti propri della vita cristiana e delle prassi della comunità. Tali tentativi per la maggior parte delle volte sono stati vani. A questo riguardo, sarebbe interessante individuare le ragioni che hanno determinato questo insuccesso, con la conseguente disaffezione nei riguardi della vita cristiana e della comunità che la propone. Tra le molteplici ragioni che determinano questa situazione, si può individuare non ultima la modalità con cui è stata proposta e attuata l’iniziazione cristiana. Nel passato, per molti decenni infatti, si è parlato di «dottrina cristiana» e per di più di una dottrina fatta di «divieti»e «obblighi», che ha portato spesso a far percepire  la religione come un peso di cui liberarsi,  una serie di norme che limitano e mortificano la vita, anziché essere proposta liberante e salvifica. Successivamente, alla luce delle indicazioni del concilio Vaticano II, abbandonate le formule, si è tentata la strada degli album attivi, del lavoro di gruppo e delle drammatizzazioni, ma anche in questo caso con scarso successo per quanto riguarda l’interesse suscitato in rapporto alla proposta di vita che veniva fatta. Da ultimo, il disinteresse crescente da parte della famiglia per l’educazione religiosa dei propri figli con la conseguente delega alla parrocchia, ha visto le famiglie preoccupate soltanto di organizzare la festa di prima comunione e di cresima, con i relativi regali. Pensiero però da togliersi quanto prima, considerando il sacramento un fatto fine a se stesso. Il concilio ecumenico Vaticano II ha dato un impulso nuovo a tutta la pastorale e nello specifico ai percorsi di iniziazione cristiana, ma i cinquant’anni trascorsi, sono pochi per un cambiamento di mentalità e conseguentemente di prassi di vita da assumere. Ci troviamo quindi nella necessità di recuperare, attraverso un cammino graduale e paziente, contenuti e prassi, perché la proposta cristiana sia percepita come proposta di vita interessante, significativa, da conoscere e sperimentare attraverso itinerari progressivi, sperimentati all’interno di una comunità di credenti. I contenuti ci vengono dalla parola di Dio e dal magistero, le prassi sono da costruire facendo tesoro della ricca tradizione della Chiesa e avendo tatto e creatività per sintonizzarsi con le attese e le domande di senso delle persone di oggi.

Alcuni interrogativi e prospettive

Quando parliamo del sacramento della confermazione, detto comunemente cresima, inevitabilmente il riferimento diretto è al battesimo. Il concilio Vaticano II infatti ci ha presentato la Chiesa che è innanzitutto una comunità, il popolo di Dio, in cui si entra a far parte attraverso il battesimo e il dono dello Spirito Santo che ci abilita alla missione. Di fronte a questa prospettiva e presa di coscienza, cosa significa allora per il laico l’essere confermato? Che cosa significa nella Chiesa il fatto di celebrare la confermazione dei suoi battezzati? È evidente che con il battesimo, chi lo riceve è chiamato a vivere in prima persona l’essere cristiano attraverso gli impegni che ne derivano. E allora, il sacramento della confermazione, che cosa aggiunge al battesimo? A questo riguardo, ci può essere utile recuperare alcune risposte date nel corso della storia. Tommaso d’Aquino ad esempio, usa un’interessante espressione quando afferma che «La confermazione è per il battesimo ciò che la crescita è per la nascita» e sviluppa questa affermazione dicendo che il sacramento della cresima è il sacramento dell’apostolato, è il sacramento della forza, del coraggio, del martirio; è il sacramento dello Spirito Santo che viene dato in pienezza; è una nuova pentecoste. Pertanto, il battesimo dovrebbe costituire la nascita alla vita nuova che viene conferita in forza della passione, morte e resurrezione del Signore Gesù; mentre la confermazione, come appunto indica san Tommaso, la maturazione di questa vita e il dono della pienezza dello Spirito Santo, per avere la capacità di testimoniare nella vita e rendere ragione della propria fede. Si tratterebbe allora di due tappe inseparabili ma distinte, di un stesso itinerario, all’interno della comunione ecclesiale? Anche la presenza del vescovo o del suo delegato non dovrebbe avrebbe un suo particolare significato nell’esprimere l’unità di tutti i cristiani, di cui il vescovo è il legame e il garante? Per di più, la confermazione è un sacramento ben distinto, anche se non veramente separabile dal battesimo, ma è anche riferito all’eucaristia. Non si tratta allora  di disegnare un  itinerario di iniziazione cristiana che abbia una sua progressività insieme a una unitarietà all’interno di una comunità cristiana che si fa carico di accompagnare e custodire coloro che intendono cogliere il valore di un percorso di crescita che, attraverso il battesimo, la cresima e l’eucaristia, fa sperimentare la pienezza della vita in Cristo? (…)

Oriente e Occidente: la tradizione di due prassi pastorali

In genere, nei primi secoli della Chiesa la confermazione ha costituito una celebrazione unica con il battesimo, formando con questo, secondo l’espressione di san Cipriano, un «sacramento doppio». [1] Successivamente però, il moltiplicarsi dei battesimi di bambini e la crescita numerica delle parrocchie (rurali), con il conseguente ampliamento delle diocesi, non permetteva più la presenza del vescovo a tutte le celebrazioni battesimali. Pertanto in Occidente, poiché si preferiva riservare al vescovo il portare a compimento il battesimo attraverso l’imposizione delle mani e l’invocazione dello Spirito Santo, si maturò la scelta della separare temporale dei due sacramenti. L’Oriente invece ha continuato a conservare uniti i due sacramenti, celebrando il battesimo per immersione e, subito dopo, la confermazione per il dono dello Spirito Santo,  conferita dallo stesso presbitero che amministrava il battesimo, con il vincolo però di farlo utilizzando il «crisma» consacrato da un vescovo.[2] (…)

Battesimo, cresima ed eucaristia. Unità teologica e prassi pastorali per l’iniziazione cristiana

La Chiesa di Occidente, nella consapevolezza delle sue finalità pastorali, attraverso il concilio ecumenico Vaticano II ha inteso fare oggetto di particolare cura e attenzione i sacramenti dell’iniziazione cristiana, prescrivendo che i relativi riti fossero sottoposti a opportuna revisione, in modo da renderli più adatti alla capacità di comprensione dei fedeli. Tenendo conto di queste indicazioni, nel 1971 Paolo VI ha ritenuto opportuno pubblicare la Costituzione apostolica sul sacramento della confermazione, essendo già entrato nell’uso liturgico il Rito del battesimo dei bambini, nella nuova forma preparata per disposizione dello stesso concilio ecumenico. Si trattava infatti di chiarire le caratteristiche del sacramento della confermazione, ma sempre al fine di mettere in debita luce l’unitarietà dell’iniziazione cristiana. Per la verità, nel corso di questi anni, alla revisione delle modalità della celebrazione del sacramento della cresima è stato dedicato un accurato lavoro; l’intenzione era ovviamente quella di procurare «che apparisse più chiaramente l’intima connessione di questo sacramento con l’intero ciclo dell’iniziazione cristiana»[3]. Ora il nesso, che collega la confermazione con i sacramenti del battesimo e dell’eucaristia, non solo risulta apertamente dal fatto che i riti sono meglio coordinati tra loro, ma appare anche dai gesti e dalle parole, impiegati per amministrare la confermazione. Ne risulta infatti che i riti e le parole di questo sacramento «esprimono più chiaramente le realtà sante da essi significate e, il popolo cristiano, per quanto possibile, riesce a capirne facilmente il senso e a parteciparvi con una celebrazione piena, attiva e comunitaria».[4] Per cui, alla luce di quanto indicato dal concilio Vaticano II e delle Prenotanda che sono alla base del lavoro di revisione del rito della confermazione, è importante che la prassi pastorale sia finalizzata a far acquistare ai fedeli che questi tre sacramenti dell’iniziazione cristiana – battesimo, confermazione ed eucaristia – sono così legati tra di loro in modo da formare un tutt’uno. La Chiesa d’occidente progressivamente è arrivata a dissociare battesimo e confermazione, tenendo conto che avveniva così già al tempo degli apostoli. Infatti, negli Atti degli apostoli si legge: «Quando cominciarono a credere a Filippo, che recava la buona novella del regno di Dio e del nome di Gesù Cristo, uomini e donne si facevano battezzare […] Frattanto gli apostoli, a Gerusalemme, seppero che la Samaria aveva accolto la parola di Dio e vi inviarono Pietro e Giovanni. Essi discesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito Santo; non era infatti ancora sceso sopra nessuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora imposero le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo» (At 8,12-17). Per cui si può concludere dicendo che battesimo e confermazione sono due sacramenti distinti, due riti diversi per due grazie diverse, ma tra loro complementari. Due facce della stessa medaglia. (…)

Il coraggio di una prassi pastorale da privilegiare, in vista di una responsabilità da promuovere

Nel tentativo di comprendere rapporto e differenze specifiche tra i sacramenti dell’iniziazione cristiana e tenendo conto della tradizione maturata nel tempo e delle indicazioni che il magistero ha ripetutamente fornito,  può essere utile partire dalla considerazione di Dio amore. Le tre persone trinitarie operano in perfetta unione, ma la loro azione comune non si confonde: tutto comincia dal Padre, tutto è realizzato dal Figlio mandato dal Padre, tutto viene portato a compimento dallo Spirito Santo mandato dal Padre e dal Figlio. Così le persone divine formano un tutt’uno, anche se possiamo dire che per ognuna c’è una specificità: il Padre progetta, il Figlio realizza, lo Spirito perfeziona. Altrettanto è stato ed è per la Chiesa nella quale la Trinità è presente e opera. Alla risurrezione, i discepoli riconoscono Cristo, credono in lui, sono «battezzati», ricevono la vita nuova da questo incontro personale con il Risorto. Restano però ancora limitati, paurosi, condizionati dalle loro fragilità. La pentecoste è il compimento della pasqua. Lo Spirito Santo, il dono di Dio,  li mette «a punto», li rende idonei a rendere ragione della loro fede. L’Eucaristia è il nutrimento, il pane di vita che fornisce energie, alimento che sostiene nel cammino impegnativo della vita. Si tratta di tre fasi, tre tappe di un unico itinerario. Anche per noi oggi,  con il battesimo entriamo a far parte della famiglia di Dio, «passiamo dalla morte alla vita», diventiamo dei «viventi», inizia la nostra risurrezione. Con la confermazione avviene la nostra pentecoste; attraverso questa «messa a punto», veniamo liberati dalle nostre paure, incertezze e resi idonei per rendere ragione della nostra fede. Con il pane eucaristico che ogni domenica spezziamo all’interno della comunità in cui siamo inseriti, abbiamo il nutrimento che ci sostiene nel cammino e nella lotta della vita quotidiana. Continua nell’oggi per noi, quell’itinerario che hanno sperimentato e vissuto gli apostoli e i primi cristiani. Questa concezione però, presuppone che si riveda tutto il cammino catecumenale, tenendo presente due aspetti fondamentali. Il primo, riguarda la capacità di collocare l’iniziazione cristiana in una prospettiva dinamica ed esperienziale, in un itinerario non finalizzato alla recezione del singolo sacramento, ma orientato alla sequela del Signore Gesù. È lui che ci ha amato per primo, dandoci la possibilità di rinascere a vita nuova; attraverso lo Spirito Santo ci rende «vivificanti», diffusori di vita e ci fa dono di poter ricambiare questo amore; attraverso l’eucaristia ci nutre e ci sostiene nel cammino di ogni giorno. In secondo luogo, è necessario superare la concezione della catechesi come «dottrina» da insegnare, come trasmissione di nozioni e realizzarla come accompagnamento, come comunicazione e testimonianza della propria fede, dentro la comunità cristiana di appartenenza. Questo presuppone creare degli «accompagnatori» nella persona degli stesi genitori o di adulti disponibili che, a partire dai bambini che hanno da zero a sei anni, si affianchino per compiere insieme con loro un itinerario scandito da tappe che permettano di far germogliare sviluppare e portare a pienezza quel germe di vita nuova, deposto con il battesimo. In altri termini, è necessario, da parte di noi adulti,  essere consapevoli che con il battesimo nati a vita nuova, diventiamo «discepoli», «chiamati» e giustificati, per essere glorificati (Rm 8,29-30); siamo la Chiesa che ascolta e medita la sua Parola per metterla in pratica. Con la confermazione siamo «inviati» ad ammaestrare tutte le nazioni (Mt 28,19) e a questo scopo rivestiti di potenza dall’alto (Lc 24,49); siamo la Chiesa che parla, annuncia la sua Parola, che catechizza. Con l’eucaristia, siamo la Chiesa che celebra le lodi di Dio e anche la Chiesa che sperimenta ogni domenica un rinnovato dono di amore da parte di Dio Padre che attraverso suo Figlio, ci sostiene e ci nutrite. (…)

Alla luce di quanto evidenziato, due considerazioni conclusive.

– Come gli altri sacramenti, anche la confermazione non è riducibile al rito; non basta ricevere il sacramento, come frequentemente accade, e tutto finisce. Lo Spirito è un soffio leggero, dolce ospite dell’anima ma è necessario non ridurlo al silenzio e lasciarlo agire con la sua forza divina.

– Noi tutti, dal giorno del nostro battesimo e della confermazione, siamo ingaggiati come catechisti, come accompagnatori di tanti nostri fratelli. Necessita essere consapevoli che non c’è da aspettare un’altra chiamata, perché aspetteremmo invano. Si tratta di fare come l’apostolo Andrea che, avendo sperimentato la bellezza dello stare con il Signore Gesù, va dai fratelli a dire: «Abbiamo trovato il Messia», per poi condurli a incontrarlo Gesù, che è via, verità e vita per tutti noi (Cf. Gv 1,35-42).

(Tratto da Orientamenti Pastorali n.3 – 2018, EDB. Tutti i diritti riservati)

[1] Cf. San Cipriano di Cartagine, Epistula 73, 21: CSEL 32, 795(PL 3, 1169).

[2] Cf. CCEO canoni 695, § 1. 696, § 1.

[3] Cf. SC, n. 71.

[4] SC, n. 21.