Due premesse, e qualche indicazione.

I) Postmetropoli, per descrivere la trasformazione delle città in occidente. Il prefisso post vuole marcare un cambiamento nella metropoli. Metropoli è più di una grande città, è “regione”  che esercita una forte influenza sul territorio circostante. Riconoscendo due intenzioni fondamentali: 1.) un territorio che subisce meno la metropoli; 2.) glo-località. C’è una nuova ristrutturazione dello spazio e nuove marginalità. La metropoli ha bisogno dei canali di flussi con il territorio, poli che assumono interesse: è ciò che caratterizza la postmetropoli. L’unità di misura basata sulla densità è da intendersi superata, occorre trovare una nuova (più) unità di misura che consideri la complessità.

II) All’interno di questa trasformazione geografica, antropologica, sociale si colloca anche la vita di fede, sottoposta ad alcune torsioni. 1) La centralità del tempo. Il fine settimana perde il suo carattere festivo, e si crea un’ambivalenza rispetto al tempo: il tempo che manca, il tempo che viene consumato. Il tempo ha una valenza di strutturazione dell’agenda. Uno scollamento dal passato e con difficoltà di immaginare il futuro. 2) Le tensioni a livello spaziale. Uno spazio più attraversato che abitato. 3) Una società irrinunciabile: un bisogno di legami. 4) A misura d’individuo: in contrasto a ad una “solitudine” dovuta ad un pluralismo che genera frammentazione piuttosto che sintesi.

Alcune indicazioni. Come questo contesto interpella la parrocchia urbana (che è nella regione postmetropolitana)? Occorre collocarsi nella lettura del contesto, piuttosto che applicare modelli. Quali sono le trasformazioni da mettere a tema? Alcune provocazioni. 1) Ri-strutturare, dare una nuova struttura alla fede rispetto al tempo. Come la parrocchia può garantire una certa comodità temporale specie per ristrutturare il “precetto” festivo? La sola pratica sacramentale (insuperabile) non diventa l’assoluto dell’analisi. 2) Accogliere una logica affinitaria, senza canonizzarla. La gente sempre più sceglie oltre il criterio di appartenenza territoriale, ad esempio con il criterio del tempo. Nonostante questa dimensione affinitaria-elettiva occorre vigilare perché non si passi da una forma popolare ad una forma di scelta. 3) Formare a scelte consapevoli. Pur non vivendo all’ombra del campanile ogni battezzato è discepolo missionario. In parrocchie sempre più “attraversate” piuttosto che abitate, occorre rendere proficue esperienze pastorali. 4) Superare una logica di “specializzazione”. Non esiste una evangelizzazione da effettuarsi con logiche pure. Il contesto urbano, ricorda alla Chiesa la complessità dell’azione pastorale, un’azione che ha peso simbolico specie nella città.