Il cristianesimo non è soltanto una «buona notizia». Nel nostro linguaggio, si direbbe che il messaggio cristiano non è solo «informativo», ma «performativo». Ciò significa che il vangelo non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita. (cf. Spe salvi, n. 2)  

A partire dal Covid, stiamo vivendo le conseguenze di uno scenario sociale inedito, dove il primario e il marginale non esistono più e nel quale avviene una vera e propria disgregazione dell’abitudine. Isolamenti e quarantene hanno obbligato i singoli e le comunità a fronteggiare la destrutturazione spazio-temporale, riposizionando il proprio vissuto e (ri)generando pratiche usuali come ad esempio quelle pastorali. Rimane una questione pastorale aperta, che pastori, a ogni ora del giorno (e della notte), «trasferiscano» chiese, altari e tabernacoli in rete offendo celebrazioni, catechesi e momenti di preghiera. 

Questa trasposizione avviene attraverso dirette social, messaggi istantanei o utilizzando una delle tante piattaforme di videoconferenza a disposizione. A queste esperienze pastorali vissute e strutturate online, si è verificata la condivisione (sempre tramite web) di celebrazioni estemporanee sui terrazzi delle canoniche o di preghiere recitate in una macchina dal volenteroso prete per le strade cittadine. Con che esiti? Con che svolte nella comunicazione della fede? (Paolo Asolan)

Dio è comunicazione, ha scelto di dirsi agli uomini, di uscire da sé: l’estasi di Dio, la chiamano i teologi dell’oriente cristiano. Dio ha scelto di «essere fuori di sé»: per farlo, ha creato degli interlocutori, viventi, intelligenti e responsabili, perché non si accontentava di comunicarsi al vento, al mare o alle stelle. Ha scelto un modo molto originale per comunicarsi agli uomini, diventando egli stesso un uomo: il Figlio, parola di Dio, fatta carne. Il comunicarsi di Dio come esemplarità per ogni comunicazione umana: Dio comunica comunicandosi, mettendo in gioco se stesso; Dio si comunica, si rivela nel tempo, progressivamente; Dio comunica non solo con la parola, ma attraverso una vita e quindi attraverso scelte, atteggiamenti, uno stile, quindi dentro una relazione personale. (Giuseppe Savagnone)

La chiesa è sempre stata una presenza in ambito comunicativo: fa parte della sua missione – affermava il decreto Inter mirifica – essere presente per l’annuncio nella dimensione della comunicazione. Gli ambienti digitali sono la nuova frontiera, i nuovi ambiti in cui è possibile proporre l’annuncio cristiano e la sfida è quella di essere effettivamente all’altezza di questi nuovi strumenti di comunicazione e di questi ambienti. Che cosa c’è di nuovo? Si tratta non semplicemente di usare degli strumenti o dei media, cioè dei mezzi di comunicazione, ma di abitare in maniera assolutamente nuova gli ambienti digitali. Abitare vuol dire essere in grado di creare relazioni, relazioni feconde, anche in ambiti non della realtà fisica o del corpo, ma di quella virtuale, vale a dire di qualche cosa che si avvicina alla dimensione dello spirito. (Vincenzo Corrado)

«I giornalisti hanno bisogno di fiducia. Il giornalista deve informare il mondo sulla chiesa e la chiesa sul mondo. Egli può e deve aprire la bocca e le orecchie della chiesa. Egli non deve lasciarsi chiudere né la bocca né le orecchie» (H. Fesquet). In un tempo in cui pesano di più le leggi di mercato, imperano il «sensazionalismo», la «spettacolarizzazione» e la tendenza a una fuorviante «polarizzazione», il buon giornalismo dovrebbe difendere la coscienza civile, il senso critico della collettività, riscoprendo i valori della dignità e libertà di pensiero che il cristianesimo porta con sé. (Umberto Folena)

«Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono» (1Ts 5,21); l’invito dell’autore della Prima lettera ai Tessalonicesi può essere inteso come il leit motiv che ha accompagnato il magistero ecclesiale in questi anni circa il vasto mondo dell’onlife: da un lato mette in guardia dalle illusioni pericolose e dalle trappole da evitare e dall’altro fa emergere le preziose opportunità che offre. (Fortunato Ammendolia)