Pier Giuseppe Accornero – presbitero, giornalista, scrittore

«Missione compiuta, il Papa è contento che sia arrivata la sua vicinanza» perché Francesco non si accontenta di predicare e di lanciare appelli ma, da buon pastore della Chiesa universale, ha mandato il suo elemosiniere, cardinale Konrad Krajewski, in Ucraina e, come scrivono i media vaticani, è tornato a Roma, «con il camion vuoto e il cuore pieno». Il porporato polacco è stato più volte nel Paese – aggredito e distrutto da Putin – latore degli aiuti. Per Natale ha portato il frutto della solidarietà delle ultime settimane – generatori di elettricità, indumenti termici – ricavato delle offerte per le pergamene, dei generosi donatori, delle fabbriche di indumenti. L’elemosiniere distribuisce il materiale raccolto.

Nel messaggio «Urbi et orbi» per la benedizione del Natale 2022, Francesco ricorda che «Gesù, luce vera, viene in un mondo malato di indifferenza»; guarda ai drammi di Siria, Libano, Myanmar, Iran, Yemen, Haiti, Africa; denuncia: «Ogni giorno grandi quantità di alimenti vengono sprecate e si spendono risorse per le armi»; chiede di «non usare il cibo come arma» e di «porre fine a questa guerra insensata in Ucraina»; affida a Cristo che nasce i drammi e le tragedie di questo «mondo malato» che soffre per «la grave carestia di pace» e sul quale spira «il vento gelido di una guerra insensata».

Nella mangiatoia il senso del Natale: Dio vicino, povero, concreto

«Per ritrovare il senso del Natale guardiamo Gesù adagiato nella mangiatoia nella quale Cristo entra nella scena del mondo». Luca, nel Vangelo della natività (2,1-14), menziona la mangiatoia tre volte: Maria pone Gesù «in una mangiatoia»; gli angeli annunciano ai pastori che troveranno «un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia»; i pastori trovano «il bambino adagiato nella mangiatoia». E Bergoglio spiega: «Per ritrovare il senso del Natale bisogna guardare la mangiatoia, con cui Cristo entra nella scena del mondo. L’umanità insaziabile di soldi, potere e piacere non fa posto, come non lo fece a Gesù, ai più piccoli, ai nascituri poveri e dimenticati, ai bimbi divorati da guerre, povertà e ingiustizia. Gesù viene nella mangiatoia dello scarto».

Cita Oscar Arnulfo Romero, vescovo santo e martire, che spiegava: «La Chiesa appoggia e benedice gli sforzi per trasformare le strutture di ingiustizia e mette soltanto una condizione: che le trasformazioni sociali, economiche e politiche ridondino in autentico beneficio per i poveri. Non è facile lasciare il caldo tepore della mondanità per abbracciare la bellezza spoglia della grotta di Betlemme, ma ricordiamo che non è veramente Natale senza i poveri». Nelle cinque preghiere dei fedeli in San Pietro si prega anche in arabo «Dio Padre di tutti, che ama e dona la pace, affinché conceda a quanti hanno responsabilità politiche, sociali ed economiche il coraggio di rigettare la violenza e di costruire l’amicizia tra i popoli».

Generatori elettrici e magliette termiche distribuiti nel Paese in guerra

Dice il cardinale: «Si soffre tanto per la mancanza di acqua e di corrente. Il Papa mi ha inviato un messaggio per dirmi che era felice di aver potuto pregare e soffrire, tramite il suo elemosiniere, con la popolazione. Gli ho raccontato la mia missione. Ha il cuore spezzato. A Leopoli ho portato tutti i generatori e le magliette termiche che potevo. Poi con la macchina piena di indumenti termici sono arrivato a Kiev e li ho consegnati alla Caritas che li ha distribuite nelle zone di guerra». La notte e nel pomeriggio di Natale è stato a Fastiv, 80 chilometri da Kiev, dai Domenicani che hanno una parrocchia e una casa per rifugiati: hanno organizzato diversi pullman per far fuggire tantissime persone. Quando non c’è luce «ed è tutto buio, non c’è riscaldamento, non si può cucinare. Con i soldi inviati dall’Elemosineria a nome del Papa, hanno comprato grandi generatori e ne abbiamo usato uno per celebrare Messa e nella casa dei profughi». Con i   Domenicani collaborano 150 volontari da varie nazioni e religioni «che in questi 300 giorni di guerra hanno formato una comunità che aiuta, cucina e che va a Zaporizhzhia e Odessa a portare cibo e vestiti. Daranno le magliette termiche ai soldati e alla gente rimasta senza niente».

«La Messa è stato un momento bellissimo: c’era la pace in un posto spesso bombardato»

Alla Messa di Natale c’erano 300 persone, tornate a casa prima delle 23 per il coprifuoco. Il cardinale dona a ciascuno un rosario dono del Papa: «Ho spiegato che la Madonna non solo ha partorito Gesù ma è stata davanti alla Croce, quindi sa cosa vuol dire sofferenza». Un aiuto spirituale e non solo materiale quello portato in Ucraina insieme a un messaggio «di speranza di risorgere e della luce che Gesù porta al mondo, mentre in Ucraina è buio totale. Quando sono tornato a Kiev – riferisce il cardinale – non si vedeva nulla, è pericoloso pure camminare, ogni cosa è un ostacolo, c’era pure la pioggia. Tutti aspettano il giorno. Anche noi cristiani aspettiamo la nascita di Gesù per vedere le strade giuste per camminare».

A Kiev l’elemosiniere ha fatto visita alle Missionarie della carità di Madre Teresa impegnate a distribuire gli aiuti. Gestiscono un dormitorio per una trentina di persone proprio in zona di guerra; accolgono chi ha perso i familiari; ospitano 150-200 persone tre-quattro volte a settimana per il pranzo. «Ho celebrato Messa con loro, poi il pranzo in nunziatura e nel pomeriggio sono andato a trovare altre comunità: i Cappuccini, le suore della Famiglia di Nazareth». Dappertutto, accanto ai rumori della guerra «si sentono i rumori dei generatori: parecchi sono arrivati dall’Italia grazie alla generosità della gente. Tutti quelli che abbiamo portato noi, sono stati già distribuiti e funzionano. Direi che la missione è compiuta».