Pier Giuseppe ACCORNERO – sacerdote, giornalista, scrittore

Un martirologio, pubblicato nel 1963 dall’Azione Cattolica, è lungo 729 nomi. Mai nella storia della Chiesa italiana sono uccisi così tanti preti come durante la Seconda guerra mondiale sotto i bombardamenti, sui campi di battaglia, fucilati nelle rappresaglie nazifasciste, trucidati dai partigiani, in odio alla fede.  

Su 729 morti, 148 cappellani militari, 49 nei campi di sterminio, 30 dispersi; 279 sotto i bombardamenti, più di 129 seminaristi e novizi. Durante la Resistenza (settembre 1943-primavera 1945) muoiono 400 sacerdoti diocesani e religiosi: 191 torturati e uccisi dai fascisti; 120 dai tedeschi; 33 dai repubblichini di Salò. Soprattutto al Nord scelgono la libertà, la democrazia, la resistenza, talora contro le indicazioni dei vescovi, che di solito amano il quieto vivere. In Germania i nazisti ammazzano 204 preti (164 diocesani e 60 religiosi), molti nei campi di sterminio; sono assassinati nella Francia del maresciallo Henri-Philippe-Omer Pétain, capo del governo collaborazionista di Vichy; in Belgio e Olanda, come il carmelitano Tito Brandsma, ucciso a Dachau nel 1942 per l’opposizione al nazismo e la difesa della libertà religiosa: «Viviamo in un mondo che condanna persino l’amore. Dicono che la religione cristiana abbia fatto il suo tempo e sia sostituita dalla potenza germanica. Il neopaganesimo del nazionalsocialismo non vuole l’amore ma vinceremo il paganesimo».

In Polonia, nel 1939-1945, i nazisti uccidono 3.000 preti, di cui 1.992 nei campi di sterminio (787 a Dachau), come il giovane gesuita Alfred Delp accusato di complicità nel fallito attentato contro Hitler. I tedeschi vogliono distruggere la Chiesa, espressione dell’identità polacca e della resistenza agli invasori. La volontà distruttrice è alimentata dal disprezzo verso i polacchi, che considerano inferiori. Espressione della «nazione martire» è Massimiliano Kolbe, martire della carità.

In Italia il clero cerca di proteggere i fedeli

Molti sono i preti uccisi per aver nascosto e salvato ebrei. Don Aldo Mei, parroco di Fiano (Lucca), è fucilato per aver dato rifugio a un giovane ebreo: «Muoio per aver protetto e nascosto un carissimo giovane». Don Pietro Pappagallo di Roma è ucciso alle Fosse Ardeatine per aver dato rifugio a ebrei: legato, riesce a benedire i compagni di sventura. A Monte Sole, sull’Appennino emiliano-romagnolo, cadono 5 sacerdoti, tra cui don Ubaldo Marchioni, 25 anni, morto ai piedi dell’altare dopo aver distribuito l’Eucaristia. Don Antonio Musumeci, parroco a Messina, si offre al posto di due anziani coniugi malmenati. Don Gino Cruschelli a Napoli prende le difese di giovani. Don Delfino Angelici difende le donne dalla violenza dei tedeschi.

Altri aiutano partigiani e perseguitati politici 

Pasquino Borghi si dichiara contro la guerra e la dittatura: parroco a Villa Minozzo (Reggio Emilia) aiuta i partigiani. Il 21 gennaio 1944 i fascisti perquisiscono la canonica: arrestato, torturato e fucilato nella notte del 29-30 gennaio. Don Pietro Morosini milita nella Resistenza romana. Il socialista Sandro Pertini, futuro presidente della Repubblica, testimonia: «Detenuto a Regina Coeli sotto i tedeschi, lo incontrai un mattino: usciva da un interrogatorio delle SS, il volto tumefatto grondava sangue, come Cristo dopo la flagellazione. Con le lacrime agli occhi gli espressi solidarietà: mi sorrise e le labbra gli sanguinarono. Negli occhi brillava la luce della fede. Benedisse il plotone di esecuzione: “Dio, perdona loro: non sanno quello che fanno”, come Cristo sul Golgota».

Don Giovanni Minzoni, parroco di Argenta, ucciso dai fascisti dopo la protesta per le violenze contro i socialisti. Giovanni Paolo II sottolinea: «Proprio perché ispirata da motivazioni religiose e pastorali, l’opposizione di tanti sacerdoti al nazifascismo è stata particolarmente efficace anche sul piano politico. L’uccisione di un così gran numero di sacerdoti rivela un’incompatibilità profonda tra questa ideologia e il cristianesimo». Nella sua sconfinata follia, Hitler vuole distruggere la Chiesa, invadere il Vaticano, deportare Pio XII. Uccide vescovi, pastori, preti e suore, tra cui il teologo luterano Dietrich Bonhoeffer. Nessun dubbio sul carattere anticristiano del nazismo. Un documento del 1937 della Gestapo afferma: «Non vi può essere pace tra lo Stato nazionalsocialista e la Chiesa». Una circolare del 1942 afferma: «Le concezioni nazionalsocialista e cristiana sono incompatibili». E Hitler nel 1941: «La soluzione del problema della Chiesa è l’ultimo grande compito della mia vita».

Tra i preti assassinati dai nazifascisti due torinesi, un astigiano e due cuneesi

Giovanni Battista Sapino (1883-1945): parroco di Savonera di Collegno, è assassinato il 29 aprile 1945 a 63 anni: «Nella notte sul 29 aprile, mentre la colonna dei tedeschi in fuga transitava per Savonera, venne attaccata dai partigiani. I tedeschi inferociti circondarono la chiesa e la canonica. Don Sapino, inerme, si fece loro incontro. Senza spiegazioni lo trascinarono ai piedi del campanile e lo uccisero. Così cadde innocente. Visse, faticò, morì per la sua chiesa e la sua gente».

Gabriele Simondi (1896-1945): viceparroco a Villastellone, è ucciso da una granata tedesca sul piazzale della chiesa il 29 aprile 1945.

Grugliasco, Boves e Cumiana le vicende più crudeli 

Mario Caustico (1913-1945): nato a Caprioglio d’Asti, prete salesiano. Il mattino del 25 aprile 1945 i partigiani giungono a Rivoli mentre una colonna tedesca in ritirata marcia su Collegno e Grugliasco. Il giovane salesiano si offre di trattare la resa dei tedeschi a nome della V divisione del «Corpo Volontari della Libertà». Fatto prigioniero, è costretto a marciare, con in mano una bandiera bianca, alla testa della colonna tedesca che punta su Grugliasco. È un vile tranello tipico dei tedeschi che si danno al saccheggio, alle violenze e al rastrellamento di uomini, giovani e ragazzi: 68 persone, rinchiuse nella Casa del popolo e seviziate. Tenta di ammansire il comandante, una belva assetata di sangue che lo fa pestare a sangue. Molti si confessano. Il 30 aprile mattino sono condotti nella piazza: don Caustico a piedi nudi, con la talare insanguinata e il volto tumefatto. Divisi in tre gruppi, sono avviati in tre luoghi. Ai margini di un campo di segala, sono legati con cinghie e fili di ferro, con la faccia rivolta alla campagna e le spalle al plotone. Don Caustico li incita al coraggio e al perdono: è colpito da una raffica di mitra mentre alza la mano per un’ultima benedizione.

Don Giuseppe Bernardi, nato a Caraglio (Cuneo) nel 1897, e don Mario Ghibaudo, nato a Borgo San Dalmazzo nel 1920: dal 1938 don Bernardi è parroco di Boves (Cuneo), il viceparroco è don Ghibaudo. Tutti e due rimarranno accanto ai parrocchiani fino al sacrificio. Don Bernardi benedice dall’autoblindo su cui lo caricano per assistere alla distruzione del paese. Don Ghibaudo muore mentre assolve un uomo al quale un tedesco aveva sparato alla nuca. Si palesa la viltà dei nazisti che non rispettano la parola data. I patrioti, militari comandati da Ignazio Vian, il 19 settembre 1943 catturano due militari tedeschi. Nella battaglia i partigiani incalzano i tedeschi che incaricano il parroco Bernandi e l’industriale Antonio Vassallo di trattare per la riconsegna dei due prigionieri e della salma di un caduto.

Don Giuseppe combattè nel primo conflitto mondiale e ne uscì convinto che la guerra «è un’inutile strage». Don Mario giunge a Boves due mesi prima della strage. Per i due preti è in corso la causa di beatificazione.

La viltà dei tedeschi: Boves a ferro e fuoco

I nazisti rifiutano di mettere per iscritto l’impegno: «La parola d’onore di un ufficiale tedesco vale gli scritti di tutti gli italiani». I partigiani consegnano prigionieri e salma. Le richieste sono soddisfatte. Ma il 19 settembre 1943 le SS sparano e uccidono anziani, malati, infermi, e appiccano il fuoco. Il bilancio è tragico: 350 case bruciate, 24 uccisi, tra cui don Bernardi, don Ghibaudo e Vassallo. Proprio a loro è riservata la fine più brutale: spinti nell’androne di una casa, sono giustiziati con due colpi di pistola, cosparsi di benzina, posti sulla catasta di legno a cui viene dato fuoco. Nel gennaio 1944 altra rappresaglia: 500 case bruciate, 157 partigiani uccisi.