«Libertà va cercando, ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta»[1]

Giancarlo Tettamanti, giornalista pubblicista, socio fondatore AGESC

La nazione in cui viviamo fonda le radici in una democrazia che realizza – o dovrebbe realizzare – il vero Stato di diritto. In essa, la vita sociale è regolata dalla legge stabilita dai parlamentari che esercitano il potere legislativo. In tali consessi si elaborano le norme che definiscono il comportamento dei cittadini nei vari ambiti della convivenza. Uno stato di diritto che è tenuto a formare una società di cittadini liberi che insieme perseguono il bene comune. Ed è proprio in questa prospettiva che ci si deve interrogare, circa certe scelte legislative decise, o comunque in attesa di decisione, in Parlamento.

In quanto cittadini italiani, noi cattolici, in unione con numerosi laici, rispettiamo le decisioni parlamentari, rispettiamo le leggi che vengono assunte in Parlamento, tuttavia crediamo che la democrazia volga il suo diritto nell’ascolto del parere di tutti gli interessati, in confronto delle diverse posizioni, attraverso una discussione e valutazione costruttiva: se manomessa questa procedura, viene a mancare il terreno sul quale sono fabbricate le intenzioni e disancorate le libertà.

La legge sulla omofobia è arrivata in parlamento in attesa dell’approvazione, che già vengono anticipate forme di violenza nei riguardi di chi, portando a ragione non poche sottolineature negative, non ne condivide l’impianto e teme ulteriori passaggi discriminatori nei riguardi di quanti vi si oppongono. Si tratta di una situazione che dimostra quanto sia fasulla la legge, sia nella sua inutilità, sia ancora nelle presunte garanzie di rispetto nei riguardi di coloro che esprimono dissenso.

Molte sono state e sono le obiezioni – anche da parte di molti laici e di non pochi appartenenti alle stesse associazioni LGBT – circa l’ipotesi legislativa in discussione al parlamento: altrettanto numerosi gli interventi con richiesta di accantonare tale ipotesi legislativa poiché inutile. Le ragioni sono state e sono molteplici, e in primis il fatto che la tutela dei soggetti omosessuali e transessuali è già prevista dalla giurisprudenza penale, civile e costituzionale, e quindi introdurre una legge apposita ha solo il significato di rendere privilegiata una categoria minoritaria di persone, che vanno certamente e doverosamente rispettate e tutelate da violenze, discriminazioni e insulti, ma non privilegiate rispetto alle altre categorie di cittadini altrettanto destinatarie di rispetto e tutela. Questo dialogo e questo confronto non sembra essere stato attuato: ne prova, tra le tante considerazione, la inascoltata relazione dell’on. Mantovano in Commissione giustizia, nella quale ebbe ad evidenziare limiti e contraddizioni di una proposta di legge inutile.

Tuttavia, il nodo più preoccupante resta il conseguente passaggio ad un impedimento alla libertà di pensiero e di opinione: con la legge – come già alcuni hanno sottolineato – vige la concreta negazione all’espressione libera delle proprie convinzioni, pena l’essere sanzionati penalmente con pesanti aggravanti. Su quest’ultima preoccupazione, l’on. Zan – estensore della proposta di legge contro l’omofobia − in un’intervista su Avvenire, ha rassicurato che la legge rispetterà la libertà di pensiero, di opinione, e ancora, su sollecitazione di modifica da parte di alcuni parlamentari, ha operato in tal senso una correzione alla legge, con ciò superando l’impasse che tale preoccupazione poneva al vaglio nella commissione giustizia.

Ciò sembrò dare una certa tranquillità, ma non è stato così: lo stesso On. Zan, dopo le assicurazioni, ha dato paradossalmente conferma circa la presenza di impedimenti alla libertà di pensiero, cancellando il valore della modifica al testo, che non avrà alcun senso applicativo, significando che la legge seguirà i traguardi futuri già in atto nelle altre nazioni, e la libertà di coscienza, di opinione, di pensiero andranno al vaglio della magistratura come atti di violenza e di discriminazione. L’onorevole Alessandro Zan, a Verona, lo scorso 19 luglio, ha pronunciato frasi fortemente offensive nei riguardi delle manifestazioni e degli incontri promossi dall’Associazione Pro Vita e Famiglia, quale presenza libera sul territorio di informazione e di contrarietà alla legge: «Piazze dell’odio, dell’esclusione, della violenza… Con esse si vuole dire che la legge viola la libertà di pensiero semplicemente per continuare ad odiare, a discriminare, ad essere “omofobi” nei riguardi di persone che oggi hanno meno diritti di altri e dunque è ancora più vigliacco nascondersi dietro ad un principio di libertà di espressione”.

L’on. Zan, che sicuramente è persona intelligente, sa bene che la legge poggia su argomentazioni di tutela già previsti nella legislazione italiana, dal codice penale e dalla Costituzione (art. 21). E sa pure che tale tutela riguarda tutte le persone, cittadine della nostra Repubblica. La normativa – come evidenziato dall’avvocato Giuseppe Zola − prevede i reati di istigazione a delinquere (art. 414), di associazione a delinquere (art. 416), quelli contro la libertà sessuale (artt. 575, 581, 582, 584), quelli contro l’onore delle persone come l’ingiuria (594), di diffamazione (595), la diffamazione col mezzo della stampa (596bis), i reati contro la libertà personale (605, 609), la violenza privata (610), la minaccia (612), gli atti persecutori (612bis) ….. Inoltre l’attuale codice penale prevede anche le aggravanti all’art. 61 numeri 1,4,5,8,9,11, il che rende superflue le aggravanti previste nella legge. Se tutto ciò è già previsto, allora cosa serve una legge se non a limitare la libertà di opinione e di giudizio, secondo i canoni del pensiero comune? Come ha potuto l’on. Zan trascurare, se non volutamente, tutto ciò?

Innegabilmente l’onorevole è inciampato in una grave contraddizione, il che denota come di fatto nessuna tutela sarà data a coloro che la pensano in modo diverso. Ciò dà ragione a coloro che non condividono una legge inutile. E non si dica che gay e lesbiche sono tra le persone meno tutelate: questa frase è contraddetta da molte di quelle stesse persone. La maggior parte di cattolici e laici sono rispettosi delle persone omosessuali e transessuali, e nessuno mette in dubbio il rispetto loro dovuto. Ma che male viene fatto alle persone gay e lesbiche la non condivisione del matrimonio tra due persone dello stesso sesso? Se viene considerato discriminatorio e ingiusto il negare ad un bambino il diritto ad avere una mamma ed un papà? Se si trova specioso il mercato dei bambini e la compravendita da una “mamma” la quale spesso concepisce un figlio per altri, perché costretta da povertà? Se, liberamente, una persona non condivide l’utero in affitto e la fecondazione assistita, che ragioni ci sono per considerarla discriminante e perseguibile? Discriminante è la non considerazione di queste situazioni

La tutela delle persone deve essere doverosa e garantita a tutti, indistintamente dalle condizioni in cui si trovano, nessuno lo mette in dubbio. Però tutte le categorie delle persone sul nostro territorio vanno tutelate, senza privilegiarne alcuna, come se fosse una categoria avente una cittadinanza diversa dalle altre. E ci consenta, onorevole: le aspre parole da lei dette nei riguardi delle libere manifestazioni − promosse sul territorio da persone e associazioni che, in coscienza, liberamente difendono i valori familiari e sociali in cui credono − sono esse stesse intrise di insulti, di odio, di esclusione e di violenza: certamente la sua legge, e ancor più il codice penale, le troverebbero espressioni perseguibili e soggette a pesanti aggravanti di pena. Non si combattono libere manifestazioni di pensiero, con gratuite violenze verbali ed esclusioni sociali!

 

[1] Dante, Purgatorio II, 71.