Il sociologo Luca Diotallevi ha presentato aspetti della speranza che permettessero di intercettarla oggettivamente, andando oltre l’ottimismo o l’inclinazione personale. Ha affermato: «Gli elementi che aprono l’occhio della sociologia alla speranza possono essere tradotti con quattro parole chiave: tensione escatologica, conoscenza, memoria, scelta responsabile. A proposito della tensione escatologica, la speranza non può prescindere dal movimento. Proprio come scritto in Gaudium et Spes 37: “Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta cominciata fin dall’origine del mondo, destinata a durare, come dice il Signore, fino all’ultimo giorno. Inserito in questa battaglia, l’uomo deve combattere senza soste per poter restare unito al bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche, con l’aiuto della grazia di Dio”. La speranza in questo senso si fa rispettosa della secolarità. Circa la conoscenza o, meglio, la conoscenza di ciò che conosciamo, va ricordato il richiamo di san Paolo: “Badate a come conoscete” (1 Cor 8, 1-3). Ciò significa mettere al primo posto l’amore di chi vediamo e di Chi non vediamo. Dove non c’è sforzo conoscitivo non c’è speranza. Sul terzo elemento, la memoria, va detto che la speranza ha bisogno di una memoria viva che interroghi il presente e anticipi il futuro. Si pensi ad esempio alla liturgia cristiana e al suo carattere eversivo: dove c’è celebrazione di un rito c’è speranza. E infine, scelta responsabile, ovvero discernimento nell’amore vero. Speranza è responsabilità in spazi di autentica libertà».