Giacomo Ruggeri – pastoralista

Un parroco mi ha detto: “Ho capito che la parrocchia ha bisogno di fare una cura dimagrante: vi sono tanti progetti, molte iniziative e variegati incontri, però c’è poca spiritualità”. Oggi questo termine, spiritualità, non ha più lo stesso significato di dieci anni fa, tanto meno di trenta quarant’anni fa. È una parola così usata e tirata in ogni dove che è tutto e il suo contrario.

Ieri: in parrocchia per meditare la Bibbia e in missione per donarsi

Penso alla Scuola della Parola del cardinal Martini. È stata foriera di una crescita esponenziale e capillare della lettura e della meditazione della Bibbia nelle parrocchie in Italia. Siamo negli anni ’80: qualche anno prima (1976) si tenne a Roma il primo Convegno nazionale della Chiesa Italiana dal titolo Evangelizzazione e promozione umana. Il vento del Concilio Vaticano II, conclusosi poco più di un decennio addietro, ben soffiava nei locali delle parrocchie con la vela alzata della Dei Verbum forgiata dai padri conciliari. Ritrovarsi in parrocchia per leggere, meditare, tenere in mano la Bibbia era una delle assi portanti dell’allora progettualità pastorale. Su questa scia altri due assi portanti facevano da volano all’azione pastorale: la liturgia e l’impegno missionario. Anche qui il paniere conciliare aveva maturato testi come la Sacrosanctum Concilium e Ad gentes. Ricordo bene il lavoro frenetico dei centri missionari diocesani italiani nel proporsi come fucina di formazione sui temi della missione e, allo stesso tempo, come ponte per inviare giovani nelle terre missionarie d’Africa, America Latina soprattutto con un legame già esistente grazie alla presenza dei fidei donum diocesani. I campi di lavoro missionari (oggi radicalmente mutati per identità ed esigenze burocratiche) erano uno dei fiori all’occhiello delle diocesi: raccolta di indumenti usati hanno solcato decenni di giovani generazioni andando di casa in casa. Si era creato questo binomio pastorale: in parrocchia per meditare la Bibbia e in missione per donarsi. Ricordo un prete per lunghi anni direttore del centro missionario della sua diocesi, dire: “Nella missione vi sono le fughe, le partenze, gli invii”. Era una giusta logica che corrispondeva al clima ecclesiale, culturale e sociale degli anni ’80-’90. Oggi questa logica, in parte ancora valida, subisce le sferzate delle mareggiate antropologiche e tecnocratiche. Per quanto riguarda, invece, la liturgia quasi in ogni parrocchia, assieme al gruppo biblico, vi era il gruppo liturgico. Sovente, ma non sempre, questi due gruppi tendevano a sovrapporsi in quanto nel gruppo liturgico si leggevano e commentavano le letture bibliche della domenica successiva, e da qui trarre eventuali spunti per segni, gesti liturgici da proporre nella Messa alla comunità. Questa stagione ecclesiale ha visto nascere e crescere una spiritualità segnata dall’incontro attorno alla Bibbia e dal donarsi per un ideale di giocarsi la propria vita a favore degli altri. Una spiritualità che cresceva con il crescere dell’ascolto della Bibbia e con il crescere dell’impegno missionario donando anni della propria vita in giro per il mondo, accanto a poveri e diseredati. Nel passare degli anni questa spiritualità è entrata nella ‘galleria del vento’ della società sempre più agiata, computerizzata, industrializzata, globalizzata, mercificata. Amazon, non a caso, nasce negli anni ’90. Da questa ‘galleria del vento’ tale spiritualità, qui sopra esposta, ne è uscita mutata e scossa. Bibbia e missione, per citare due perni della pastorale degli anni ’80-‘90 assieme ad altri, negli anni successivi perdevano di incisività nelle coscienze delle persone, soprattutto dei giovani (di quei giovani che erano figli di una generazione cresciuta a pane e impegno plurimo, sociale, politico, ecclesiale, culturale, ecc.). Dove è finito, oggi, quel nervo che ha caratterizzato questo tipo di spiritualità parrocchiale? Che fine ha fatto quel carattere di impegno che ha forgiato generazioni di giovani, oggi adulti? Forse, senza aver timore di chiamare le cose con il loro nome, è una spiritualità che è finita per alcuni versi ed è modificata per altri. Senza correre alla ricerca di colpe o colpevoli, bisogna constatare che l’evolversi della società determina la crescita (e la sua metamorfosi) della spiritualità.

Oggi: in parrocchia per il pacco-Caritas e in monastero per riflettere

Parlare nel 2025 di spiritualità in parrocchia è come aprire sul cellulare una app di acquisti e valutare le disponibilità sul mercato. Immagine azzardata? La spiritualità in sé, ovviamente, non è un prodotto, ma il modo di pensarla e di approcciarsi ad essa nel tempo presente è concettualizzata in questa sintesi: scelgo ciò di cui ora ho bisogno e che corrisponde alle mie attuali esigenze interiori. La filiera della spiritualità, dunque, si cerca nuovi spazi oltre la parrocchia. Quando le persone pensano oggi alla spiritualità la vedono e la cercano non primariamente in parrocchia, in quanto è identificata solo con la confessione cattolica. Spiritualità, pertanto, come un grande ombrello che raccoglie una pluralità di significati e una poliedricità di prospettive. Il sentire individuale è il criterio per coltivare la propria interiorità. Ogni persona ha il suo significato di spiritualità: take e way (prendi e vai) e questo incide fortemente nel ridefinire il suo concetto a livello generale. Spiritualità, perciò, ha una molteplicità di significati e di senso. Se ieri alla parrocchia accedevo per aprire la Bibbia, oggi vi accedo per aprire la busta e ricevere beni alimentari di prima necessità nel pacco Caritas. La fatica ad arrivare a metà mese colpisce tante famiglie italiane, non solo stranieri. La Caritas è, attualmente, il primo servizio in crescente attività nella parrocchia italiana, sostituendosi di fatto al welfare dello Stato. La parrocchia snodo di servizi (da quelli liturgici a quelli caritativi). Tanti, molti servizi, ma come mi diceva il parroco “poca spiritualità”. Il punto, credo, è l’aver fatto coincidere – da parte dei preti particolarmente – i riti celebrativi domenicali con l’esigenza di spiritualità personale. La celebrazione eucaristica, certamente, nutre il bisogno individuale della relazione con Dio, ma è un tassello di un mosaico più ampio. Domanda: l’offerta della filiera della spiritualità oggi nella parrocchia italiana è (solo) principalmente nella Messa o si pensa anche ad altro? E che cosa? Mentre la parrocchia si sta interrogando, il monastero si sta organizzando. Le persone bussano sempre più alle porte dei monasteri e delle case di spiritualità per chiedere ciò che in parrocchia non trovano (o come esse vorrebbero). Priori e badesse di monasteri e conventi, direttrici e direttori di case di spiritualità oramai da anni stanno centrando la loro offerta formativa a partire dai vuoti lasciati dalla parrocchia. Un ritornello ricorrente che le persone consegnano a questi luoghi: “il parroco ha tante cose da fare e da seguire che ha sempre meno tempo; per questo sono qui in monastero e nella casa di spiritualità”. La globalizzazione delle religioni e delle confessioni religiose da un lato e la personalizzazione del concetto di credere dall’altro ha geneticamente modificato un nuovo concetto di spiritualità. Il ‘monopolio’ del cristianesimo è ridefinito dal libero mercato dell’esigenza di spiritualità, da cercare dove, come, quando, con chi, perché la persona vuole.

Domani?

Non ho la risposta. Provo ad abbozzare alcuni tratti che raccolgo dal sentire culturale di questo tempo. Penso che ad una esacerbata singolarità (dove il singolo è re e padrone di sé, con la forza propulsiva dei social) assisteremo ad una fame di relazionalità de visu e a una inedita connettività. La tanto decantata connessione a suon di fibra veloce sta generando un’ansia così forte di solitudini al punto da sfibrare la persona dal suo interno. La parrocchia, per evitare isolamento sociale e insignificanza culturale, sarà lo spazio dove ci sente accolti da Colui che tutti accoglie (Lc 10,34) senza stigmi, né barriere mentali. Accogliere la persona lì dov’è e così com’è. A Spilimbergo (Pn) vi è la Scuola mosaicisti del Friuli: la parrocchia sarà la saggia cornice per i tanti tasselli umani e di umanità in divenire.

Tratto da Orientamenti Pastorali n.5 (2025), EDB. Tutti i diritti riservati