Pier Giuseppe Accornero – sacerdote, giornalista, scrittore
Il Conclave più internazionale di sempre inizia, nella Cappella Sistina, mercoledì 7 maggio 2025 pomeriggio dopo l’«extra omnes, fuori tutti» intimato dal cerimoniere Diego Giovanni Ravelli: 133 cardinali elettori, sotto l’80° anno, restano chiusi («cum clavem») per eleggere il 267° Papa della Chiesa cattolica, fino alla fumata bianca e all’«Habemus Papam». Alle «congregazioni generali» partecipano elettori e non.
Il 7 marzo 2013 Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, si alza e parla tre minuti e mezzo dei cinque stabiliti. Dice: «L’evangelizzazione è la ragion d’essere della Chiesa. Paolo VI parla di “dolce e confortante gioia di evangelizzare”. Implica zelo apostolico e “parresia” della Chiesa di uscire e andare verso le periferie, geografiche ed esistenziali, del peccato, del dolore, dell’ingiustizia, dell’assenza di fede, di ogni miseria. Se non lo fa diviene autoreferenziale e si ammala, crede di avere luce propria e smette di riflettere Cristo. Il prossimo Papa aiuti la Chiesa a uscire da sé stessa, a essere madre feconda che vive dell’evangelizzazione». È indubbio che quel discorso favorisce l’elezione di Francesco.
Le norme sono quelle della costituzione di Giovanni Paolo II «Universi Dominici gregis» (1988) aggiornate nel 2007 e nel 2013. Il Conclave inizia dopo i Novendiali (9 giorni di lutto) 15 giorni dopo la morte del Papa (21 aprile). I cardinali trovano alloggio a Casa Santa Marta. Mercoledì 7 mattina in San Pietro la «Messa pro eligendo Pontifice» presieduta dal decano Giovanni Battista Re: «La Chiesa invoca costantemente la grazia dello Spirito Santo, perché sia eletto un degno pastore del gregge di Cristo». I cardinali entrano nella Cappella Sistina cantando le «Litanie dei Santi» e «Veni, creator Spiritus». È necessaria una maggioranza di due terzi (89 voi); 4 scrutini al giorno e, dopo il 33°, ballottaggio fra i due più votati. Entrano il cerimoniere e il segretario del Conclave. All’eletto si domanda: «Acceptasne electionem in Summum Pontificem? Accetti l’elezione a Sommo Pontefice?»; a risposta affermativa dell’eletto, «Quo nomine vis vocari? Come vuoi essere chiamato?». Si bruciano le schede in modo che esca la fumata bianca. Il Pontefice nella «Stanza delle lacrime» indossa i paramenti. Dopo l’ossequio dei cardinali e il «Te Deum» l’annuncio «Habemus Papam», l’apparizione e la benedizione.
Numeri e geografia
È il Conclave più internazionale di sempre: 135 elettori (su 252) di cui l’80 per cento (108) nominato da Francesco, 22 da Benedetto XVI e 5 da Karol Wojtyla. Il continente più rappresentato è l’Europa con 53; seguito dalle Americhe con 37 (16 Nord, 4 Centro, 17 Sud); dall’Asia con 23; dall’Africa (18) e dall’Oceania (4). Non ci sono un cardinale malato e l’italiano Giovanni Angeo Becciu è escluso perché colpito dalla perdita dei «diritti connessi al cardinalato». I Paesi più rappresentati sono Italia con 16 elettori; Stati Uniti (10); Francia e Spagna 5 ciascuno; Polonia 4 e Portogallo 4; Germania 3 e Gran Bretagna 3. Il più anziano è uno spagnolo, il più giovane un ucraino.
Collegio cardinalizio
«Principi della Chiesa», «Senato della Chiesa», «consiglieri ed elettori del Papa»: il primo termine è caduto in disuso con il Vaticano II, gli altri due illustrano statuto e compiti. Il cardinalato si è molto evoluto. Non è legato a un sacramento, né è un’istituzione divina ma è un’istituzione ecclesiastica. Nel Medioevo e nel Rinascimento sono designati anche laici che non vengono ordinati né sacerdoti né vescovi. Nell’Assolutismo i sovrani impongono i loro candidati, laici ed ecclesiastici: Richelieu e Mazarin in Francia; Medici a Firenze; Maurizio di Savoia; i rampolli delle famiglie romane Colonna, Borgia, Farnese, Della Rovere. E molti diventano Papi.
«Cardinale»
Il titolo è molto antico (secoli V-VI): è un ecclesiastico destinato in modo stabile – quindi «incardinatus» – al servizio di una chiesa. Poi acquista un significato esclusivamente di onore: i «majores Ecclesiae». Nel primo millennio il Pontefice è eletto dal clero romano. A metà dell’XI secolo, nella «lotta per le investiture», i Papi riformatori si circondano di validi collaboratori scelti da tutta Europa: sono «incardinati» nella Chiesa romana. Il Sinodo romano del 1059 affida l’elezione del Papa ai cardinali romani di esclusiva nomina papale. Anche oggi i cardinali portano i «titoli» di una chiesa romana. Il Collegio acquista tale esperienza di governo e di amministrazione che i cardinali svolgono un’organica collaborazione con il successore di Pietro ed esercitano una funzione universale, con un decano e un camerlengo. L’internazionalizzazione comincia nel 1163 con la nomina a cardinale del vescovo di Magonza in Germania. Il Concilio di Trento (1545-1563) riafferma la priorità della cura delle anime: ordina che tutti i vescovi, compresi i cardinali di Curia, risiedano nelle diocesi. Fino alle nomine di Pio XII nel 1946 la maggioranza è di origine italiana. Infatti, le «potenze cattoliche» – Francia, Spagna, Austria – lottano per la supremazia politica. Questo spiega perché per 455 anni i Papi sono italiani. L’ultimo straniero prima di Karol Wojtyla è l’olandese Adriano Florensz-Adriano VI (1522-23). L’ultima, clamorosa interferenza o «esclusiva» è alla morte nel 1903 di Leone XIII: l’Impero austroungarico pone il veto all’elezione del favoritissimo cardinale segretario di Stato Mariano Rampolla del Tindaro considerato «filo-francese». Il Conclave elegge il cardinale patriarca di Venezia Giuseppe Sarto che abolisce «il veto civile, o esclusiva, anche sotto forma di desiderio».
Universale
Il Collegio cardinalizio è l’immagine del volto mondiale della Chiesa cattolica. I cardinali si dividono in due grandi categorie: quelli alla guida delle diocesi sparse nel mondo e quelli a capo dei dicasteri della Curia. Tutti sono sacerdoti e vescovi e, se non lo sono, sono ordinati. Per secoli il numero non supera la trentina. Sisto V nel 1586 fissa il limite a 70, Giovanni XXIII lo supera, Paolo VI lo fissa a 120 ed esclude gli ultraottantenni, con Francesco sono 135. Alla morte, o alla rinuncia del Papa, il Collegio assume il disbrigo degli affari correnti, prepara il Conclave ed elegge il nuovo Vescovo di Roma e Pastore universale della Chiesa.