Giancarlo Tettamanti – giornalista pubblicista, socio fondatore dell’AGESC

Lodovico Morell è stato un sacerdote che ha saputo coniugare appartenenza e affezione alla Compagnia di Gesù e, al tempo stesso, profonda dedizione alla Chiesa ambrosiana, nella quale ha operato per tutta la vita, ponendosi accanto ai giovani. A 15 anni dalla morte (20 ottobre 2006), è doveroso ricordarlo con gratitudine, poiché fu tra coloro che hanno fatto molto per la comunità e che hanno realizzato forti e significative iniziative. Farne memoria significa non perdere le cose e le persone di cui siamo veramente grati. Originario di Osnago (Lecco), ha seguito la sua vocazione sacerdotale con dedizione assoluta, ponendo la propria spiritualità, ad esempio, e riferimento per quanti l’hanno incontrato e conosciuto. Un educatore vero, che con passione ha insegnato cose in cui ha creduto per davvero, e che ha saputo indicare, attraverso lo sport e il tempo libero, una via possibile di realizzazione personale e di auto-affermazione, aiutando, così, i molti giovani che ha incontrato, a capire chi sono, donde vengono e dove vanno: cioè a scoprire il “senso della vita”.

Egli iniziò la propria avventura sacerdotale con giovani nel 1946, in San Fedele a Milano, percorrendo con loro, lungo gli anni, un cammino di ricostruzione morale ed esistenziale, dopo le incertezze, i dubbi, le insoddisfazioni e le paure, lasciate dalla guerra in eredità, situazione che intaccò le prospettive e la stessa speranza ovattate da incertezze e da tristezza. Tra quelle mura aiutò molti giovani, conducendoli quasi per mano, a prendere coscienza di sé stessi, a risvegliare in loro il coraggio delle decisioni definitive, a maturare la capacità di vedere, giudicare e affrontare la realtà. Ma non solo: li aiutò ad approfondire il senso religioso che albergava in loro, e a divenire – pur con gradualità ed intensità diverse – uomini e donne “per” e “con” gli altri, accompagnando quel progetto di unificazione personale teso ad essere protagonista nella vita familiare, nelle scelte vocazionali e nell’impegno professionale e sociale.

Consapevole che alla base delle attese adolescenziali stava il gioco, la compagnia, l’amicizia, l’attività fisica e l’impegno costruttivo, l’ansia delle scoperte, l’anelito a dare un senso alle giornate e alla vita stessa, si dedicò al conseguimento di questi obiettivi con attenzione e disponibilità grande, tanto da orientare, anche oltre l’esperienza oratoriana, il grande spazio alla periferia della città dove seppe coniugare – nel Centro Giovanile “Card. Schuster” da lui fondato nel 1954 – il Vangelo allo Sport e alla ricreazione, attivando una nuova cultura sportiva con gli anni assunta, poi, anche da altre iniziative formative in un mondo in continua evoluzione.

L’educazione, per P. Morell, era l’insieme dei mezzi che permettono a ciascun giovane di raggiungere la propria umanità, inserendolo così nella comunità umana. Ecco, allora, che l’educazione Cristiana non rappresentava – e non rappresenta – un di più, né tanto meno un’azione supplementare, bensì l’”essenziale” obiettivo di ricerca. Egli ebbe modo, così, di avvicinare un numero grandissimo di ragazzi e ragazze, di indicare loro motivazioni e valori esistenziali, di aiutarli a vivere la loro età con gioia e allegria in un ambito in grado di sostenere la loro crescita umana e Cristiana. Questo suo impegno educativo e formativo non si racchiuse nel Centro Giovanile Card. Schuster, ma si allargò sino a sollecitare e a collaborare corresponsabilmente alla “Consulta diocesana dello sport”, nonché a sostenere, di cui ebbe a divenirne Presidente, la FISIAE / Federazione Italiana Sportiva Istituti di Attività Educative, organo di promozione e coordinamento dello sport nelle Scuole Cattoliche. Operò indicando lo sport, l’attività sportiva, come momento di autentica crescita culturale, capace di sconfiggere quel concetto di cultura ancor oggi presente nella nostra società che la identifica unicamente nel possesso di strumenti spesso privi di un’anima. Moti furono gli attestati di benemerenza, tra cui l’“Ambrogino d’Oro” del Comune di Milano, e la dedicazione di una via.

Ricordando l’impegno educativo profuso da questo figlio di Sant’Ignazio, gli dobbiamo la riscoperta degli autentici valori dell’educazione sportiva come occasione e strumento per fronteggiare il disagio presente nella nostra società, per superare i rischi e le devianze, per correggere arroganze e violenze inutili e per favorire l’integrazione, la convivenza e la solidarietà. Quindi non un semplice ricordo, ma l’assunzione di un debito di riconoscenza. Chi ha avuto modo di conoscerlo, ha saputo apprezzarne la statura, e di lui non solo ha colto, ma ha trattenuto per sé orientamenti e riferimenti che spesso ne hanno cambiato la vita.