Suor Anna Monia Alfieri, legale rappresentante dell’Istituto di cultura e di lingue Marcelline

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Il 21 luglio scorso sono state discusse 5 mozioni sulle scuole paritarie (http://www.senato.it/2767  presentate dalle varie forze politiche: Movimento 5 Stelle, Lega, Forza Italia con UDC, FDI, Italia Viva, praticamente identiche nelle premesse – pubblica è la scuola paritaria come la scuola statale –, e indiscusso anche per i 5 Stelle il ruolo della scuola paritaria per un sistema scolastico integrato italiano, secondo la Legge 62/2000, e last but not least la libertà di scelta educativa della famiglia è un diritto da tutelare. Parola di tutte le forze politiche.

La mozione del M5S, a differenza della altre, si focalizzava sulla necessità dei controlli sulle scuole paritarie, presenti ex lege da 20 anni e via via perfezionati.

Quali danni produce la mozione? Nessuno alle paritarie serie (il 99,9 %) che già adempiono alle norme di legge esistenti. Il problema è tutt’altro: il genitore povero non è libero di scegliere la paritaria, benché pubblica (come riconoscono i 5Stelle); il genitore che fino al Covid poteva ancora ingiustamente pagare e le tasse e la retta, ora non può più farlo. Non paga, dunque la scuola non riceve le rette che servono per retribuire il personale e per pagare le tasse e i mutui: chiuderà, e magari diventerà un albergo o una casa di riposo.

Nulla a che vedere con la mozione intelligente di Italia Viva che invoca con logica stringente la detrazione delle rette al 100%:  per questa “non ci sono le risorse”. Peccato che tali contenute risorse eviterebbero la spesa di parecchi milioni di euro a settembre, quando gli alunni delle pubbliche paritarie defunte si riverseranno nelle pubbliche statali, già in surplus di 1mln 139mila studenti…

La questione dei “controlli”

Il M5S, rappresentato dalla senatrice Granato, riconosce ex lege che pubblica è la scuola paritaria come la statale, che la parità è concessa ai sensi di legge, che ci sono una serie di controlli obbligati da parte dello Stato per il mantenimento o la revoca della parità. Dunque, se scuole paritarie fasulle e malavitose esistono, seppure in esigua minoranza, è d’obbligo denunciarle e chiuderle senza appello, ovviamente a costo di mettersi contro la criminalità organizzata che vigila su queste realtà.

Considerato tutto ciò, infatti, si ribadisce che il capitolo dei controlli è ampiamente all’ordine del giorno e non solo “opportuno” come recita la mozione: “Considerato che: nel contesto delineato, in primo luogo ai fini del rispetto dei principi di legalità e buon andamento, appare del tutto opportuno estendere anche alle scuole paritarie le norme in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni, ai fini di garantire maggiore conoscibilità e trasparenza nella gestione di tali istituti (fermi restando le verifiche amministrative già previste dalla normativa vigente esposta); difatti, come già avviene per le scuole statali ai sensi della disciplina introdotta a partire dal 2013 dal cosiddetto “decreto Trasparenza”, assolvendo le scuole paritarie private e degli enti locali ad una funzione di natura pubblicistica, pare opportuno assoggettare anch’esse al rispetto di taluni obblighi di pubblicità e trasparenza, con lo scopo prioritario di “favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”.

Opportuno? Di fatto, avviene come segue:

  1. Tutte le scuole paritarie ai sensi della Legge 62/2000 hanno l’obbligo di redigere il bilancio della scuola paritaria che altro non è che la riclassificazione del bilancio fiscale ove si dà evidenza ai contributi pubblici ricevuti, alle rette e ai costi. La domanda è: se ci sono scuole che non presentano tale bilancio, come mai nel corso dei controlli non viene revocata la parità?
  2. Sui siti degli Uffici Scolastici Regionali (USR) ogni anno sono pubblicati i decreti che stanziano i “contributi statali” per aiutare i genitori a pagare la scuola per i figli attraverso le rette (dopo aver pagato le tasse; ricordo che 8.500 euro costa un allievo alla scuola statale, la metà costa alla scuola paritaria!). Ai siti degli USR si può verificare che per ogni allievo che frequenta la scuola paritaria sono destinati 500 euro. Si troverà anche una tabella completa che indica la denominazione della scuola, la via e la città, il numero degli allievi e dei dipendenti, il totale dei contributi, la suddivisione per acconti e il saldo, così come la ritenuta IRPEF del 4%. I link sono facilmente reperibili digitando su google il nome degli uffici scolastici regionali e cercando agevolmente all’interno la sezione “ripartizione contributi scuole non statali”.
  3. Le scuole paritarie – che gestiscono scuole, che, ripeto, allo Stato costano 8.500 euro per allievo, con un contributo di euro 500 ed una retta delle famiglie che non può essere di 8 mila euro per non tagliare in due la società – evidentemente hanno dovuto curare aspetti come “buona gestione”, “solidarietà ed efficienza”, “macro e micro organizzazione”, “analisi dei costi”, “formazione carismatica”, diventati necessari tanto da richiedere corsi e master universitari per realizzare con successo il loro compito. Le scuole pubbliche paritarie serie che hanno accettato di fare un percorso di riorganizzazione amministrativo-gestionale, difatti, sono riuscite non solo a resistere, ma anche a non applicare rette esagerate. Tutto questo una scuola paritaria può farlo perché ha la leva dell’“autonomia”. Non ci può essere buona gestione, buon andamento, efficienza ed efficacia senza autonomia, che è la medesima leva che occorre alla scuola statale. Forse è bene ripetere che con quegli 8.500 euro i poveri dirigenti della scuola statale hanno una manovra di spesa quasi nulla, i docenti se li vedono mandare da Roma e sono, nella migliore delle ipotesi, quelli che occorrono per la cattedra che resta scoperta; manca la carta igienica, che le povere famiglie della scuola statale si devono procurare, martellate dallo slogan “tanto la scuola statale è gratuita, ti devi far andare bene tutto”. O quasi… perché moltissime scuole pubbliche statali si sono inventate il “contributo volontario obbligatorio” di 500-1000-1500 euro annui…
  4. In merito al dubbio di come verranno utilizzati questi fondi come si legge nella mozione: “considerato, inoltre, che durante l’iter di conversione in legge del cosiddetto decreto Rilancio (decreto-legge n. 34 del 2020) sono state aumentate di 150 milioni di euro, rispetto allo stanziamento originario disposto dal provvedimento, le misure di sostegno economico previste per l’istruzione paritaria (65 milioni) e il sistema integrato da zero a sei anni (70 milioni)”, si ribadisce che è necessario dare ai genitori in Italia, come in Europa, la possibilità di scegliere fra la scuola pubblica statale e la scuola pubblica paritaria a costo zero. Come? Si proceda con la quota capitaria che colloca il costo a 5.500 euro: funzioneranno la scuola statale e la paritaria; i diplomifici periranno di morte naturale perché nessuno li sceglierà; la scuola statale sarà autonoma e la paritaria libera.
  5. Continua la mozione Granato ad esortare gli USR: “ad adoperarsi, attraverso provvedimenti di propria competenza, al fine dell’estensione alle scuole paritarie e ai soggetti che gestiscono in via continuativa i servizi educativi e alle istituzioni scolastiche dell’infanzia non statali, di cui all’articolo 2 del decreto legislativo n. 65 del 2017, delle norme inerenti agli obblighi di pubblicazione di dati e informazioni contenute nel decreto legislativo n. 33 del 2013, compatibili con le funzioni svolte da tali istituti”, in particolare per quanto concerne:
  6. “l’organizzazione interna (articolazione uffici e organigramma)”: questo controllo già avviene attraverso la compilazione e la consegna ogni 30/09 del “Modello di funzionamento”, che viene regolarmente compilato ogni anno e che consente agli USR se ci sono gli estremi revocare la parità. Inoltre, ai sensi della L.231/01, le scuole – come tutte le organizzazioni complesse – sono dotate di Codice etico e di relativo Modello Organizzativo con la presenza di un organo di sorveglianza. Da questi documenti si evince chiaramente l’organizzazione interna improntata a criteri di trasparenza e titolarità. Per altro a corredo che una complessa procedura che individua chi fa cosa per le relative responsabilità. Molte scuole pubbliche paritarie hanno la certificazione ISO 2001.

Ogni anno si accede al portale per la compilazione dell’anagrafica scuole paritarie e si forniscono una serie di dati: codice meccanografico, dati del legale rappresentante, data decreto ottenimento parità- Ptof, dati del preside, numero delle classi, numero degli alunni, numero degli alunni DVA e alunni non italiani; per ogni allievo disabile si indica nome cognome, tipologia della disabilità, il nome del docente impiegato al sostegno e il titolo di studio; un elenco dei dipendenti per i singoli corsi ove si specificano i loro dati anagrafici, titolo di studio, abilitazione e specifica sull’abilitazione. I docenti non abilitati sono presenti nella misura in cui non ci sono, grazie a questo governo e ai precedenti, docenti abilitati (si sa: sono 85mila le cattedre vacanti). Per ogni docente non abilitato occorre dimostrare che non c’era, per la disciplina, personale abilitato. Occorre indicare, per ogni docente, le ore di lezione, la tipologia di contratto CCNL e la ragione per la quale non sono a tempo indeterminato.

Tutti questi dati che impegnano le segreterie amministrative e didattiche per un mese di lavoro evidentemente forniscono tutti i dati agli USR, utili per revocare o meno la parità e per dare alla Senatrice la chiara evidenza della trasparenza.

Quando arrivano gli ispettori verificano tutti i dati, comprese le cartelle dei dipendenti e i relativi contratti.

  1. “la titolarità di incarichi di collaborazione o consulenza (con estremi dell’atto di conferimento dell’incarico, curriculum vitae e compenso erogato)”: una scuola paritaria seria ha sempre e solo personale docente assunto. Non si avvale di consulenti per le attività didattiche. Le scuole paritarie che siglano accordi e convenzioni con i Comuni producono questi documenti con regolarità. Gli esperti delle paritarie continuano a produrre studi e documenti gratuitamente per le università, per le scuole, per i cittadini, persino per chi governa.
  2. “il conto annuale del personale e delle relative spese sostenute (con particolare riferimenti ai dati relativi alla dotazione organica e al personale effettivamente in servizio e al relativo costo; tassi di assenza)”: che il personale sia regolarmente assunto si evince oltre che dal documento di funzionamento dove sono presenti in modo nominativo i dipendenti, la data di assunzione, la specifica se sono a tempo determinato o no, con la motivazione, se è munito o meno di titolo abilitante e nel caso cosi non fosse va spiegata la ragione. Esiste il registro di classe e, online, la cartella che va predisposta per ogni dipendente e che gli ispettori nel corso delle loro visite periodiche presso le scuole possono e devono consultare. Peraltro, c’è tutta la normativa giuslavoristica che interviene a supporto.

Sul regolare versamento dei contributi c’è l’Inps che controlla ed emette un DURC che solo se regolare vede i contributi stanziati. Inoltre, da gennaio 2005, tutti i datori di lavoro tenuti al rilascio del CUD (Certificato Unico Dipendente) sono obbligati a trasmettere mensilmente all’INPS in via telematica l’UNIEMENS, che raccoglie le informazioni retributive e contributive relative ad ogni lavoratore, a livello individuale, a partire dal quale l’INPS ricostruisce un DM10 virtuale.

Tutta questa serie di adempimenti è intervenuta proprio per sanare le terribili anomalie di docenti che, pur di maturare il punteggio, risultavano assunti in scuole paritarie che non li pagavano e non li avevano in forza: i cosiddetti docenti fantasma. Il pagamento a mezzo banca traccia il regolare pagamento dei docenti.

  1. “i dati relativi al personale non a tempo indeterminato”: si precisa che sono dati presenti e dettagliati a) i provvedimenti adottati (quale, ad esempio, quello di assegnazione dei docenti alle classi), b) i dati sulla contrattazione collettiva e integrativa, c) i documenti e gli allegati del bilancio preventivo e del conto consuntivo, d) i beni immobili e la gestione del patrimonio.

I docenti a tempo determinato sono presenti nel pieno rispetto della legge, perché assunti al primo anno e se non è presente personale abilitato. Difatti ai sensi dell.art.1 c. 6 punto g) del Decreto n.267/2007  la scuola paritaria dichiara l’impegno “ad utilizzare personale docente munito del titolo di abilitazione prescritto per l’insegnamento impartito”; si può derogare a questo principio solo se per la scuola non c’è la disponibilità di altri docenti abilitati per la classe di concorso in questione. Si precisa che il tempo determinato ha un costo maggiore per il datore di lavoro: il decreto Di Maio tendeva così a scoraggiarlo. Peccato che è la legge stessa che impone alle scuole paritarie di doversi avvalere di personale non abilitato – perché non presente quello abilitato – e a doverlo pagare di più. Per questo capitolo il datore di lavoro avrebbe tutto l’interesse a stabilizzare questi docenti; quindi l’unica reale riforma da fare è indire i concorsi per far abilitare i docenti, stabilizzare i precari, fare un censimento dei docenti e avviare una rapida riforma che dia autonomia alla scuola statale e libertà alla paritaria.

Alla preoccupazione della senatrice si risponde allora in punta di diritto che non c’è da adoperarsi per inventare nessuna nuova procedura: basta applicare quelle esistenti.