Ravasi. RICONOSCERE: vi è consapevolezza che i giovani abbiano acquisito nuove “grammatiche” espressive

Ravasi. RICONOSCERE: vi è consapevolezza che i giovani abbiano acquisito nuove “grammatiche” espressive

Questi i messaggi del card. Gianfranco Ravasi in riferimento al tema del “linguaggio delle nuove generazioni”, inevitabilmente emerso nella prima fase del Sinodo: “Riconoscere” le situazioni dei giovani (Instrumentum laboris, I parte – La Chiesa in ascolto della realtà).

 

Il linguaggio dei giovani ha acquisito – e tutti lo riconoscono – delle nuove “grammatiche” espressive: è quindi necessario, come accade per una lingua diversa, cercare di conoscere sintassi, stilistica, modalità. E questo loro linguaggio si esprime soprattuto attraverso tre forme. Prima di tutto, la frase essenziale: la frase è nuda, coordinata, non la subordinata troppo articolata; si esprime attraverso il simbolo, l’immagine – che attraverso lo schermo del computer domina – e, alla fine si manifesta attraverso la virtualità. Ora, la virtualità è anch’essa realtà, paradossalmente, perché costituisce un legame tra le persone, sia pure molto diverso rispetto al legame tradizionale della nostra comunicazione.

Gesù ha di fatto usato i primi due canali (o forme) che ho evocato: da un lato usa la battuta essenziale e sintetica –  ad esempio, «Rendete a Cesare quel che è di Cesare, rendete a Dio quel che è di Dio», sul tema del rapporto “fede e politica” (in greco sono soltanto 50 caratteri); secondo usa la parabola: questa altro non è che una rappresentazione “televisiva”, visiva, di un evento, che permette allo spettatore, per certi versi, di entrare nell’interno di quest’orizzonte disegnato, tant’è vero che Cristo la usa come interpellanza, come appello perché l’altro risponda.

La Chiesa deve prima di tutto riconoscere che, accanto al linguaggio tradizionale, esiste un nuovo linguaggio che non esclude il precedente ma che, sicuramente, è dominante, ed è quello appunto informatico. Questo linguaggio, come l’altro aveva dei limiti, questo ha dei limiti ancora più pesanti, tant’è vero che si parla proprio esplicitamente di info – obesità, cioè l’uso eccessivo della virtualità, delle informazioni, che trasforma la persona e la rende irriconoscibile – pensiamo alle fake news, alla violenza in Rete (le bacheche social sono spesse volte terrificanti) – perché in quel momento la persona non è più nella “dieta normale” della parola, del significato e del messaggio, ma è invece totalmente avvolta da questo orizzonte. Però ci sono anche grandi vantaggi: la comunicazione diventa molto più ricca, i dati che vengono offerti sono maggiori e c’è immediatezza di conoscenza. Tutto il messaggio evangelico, quindi, deve esprimersi attraverso questa strada come fece Paolo, quando cambiò il linguaggio e i simboli che erano propri del Vangelo e del mondo ebraico ed introdusse il greco e la riflessione.

 

Ascolta l’intervista al cardinale

 

Fonte: Vatican News – Intervista di Amedeo Lomonaco – Citta del Vaticano

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