“Lampedusa è una comunità reale, che ha la specialità dell’incontro con l’altro. Ciò caratterizza la vita pastorale, quella sociale, famigliare”. “La difficoltà enorme sta nel calibrare ogni nostra azione non sui ‘migranti’ ma sulla singola persona”. Lo ha affermato questa mattina don Carmelo La Magra, parroco di Lampedusa, intervenendo a Pianezza (To) alla 67ª Settimana nazionale di aggiornamento pastorale del Centro di orientamento pastorale. Il sacerdote ha spiegato che “i migranti che arrivano a Lampedusa sono ragazzi: pochi superano i 20 anni, quasi nessuno supera i 25 anni”. “Non sono diversi dai ragazzi delle nostre parrocchie – ha aggiunto – sono studenti che vorrebbero continuare a studiare”. “Secondo la nostra esperienza, una Chiesa in uscita – ha notato – non può avere norma e organizzazione pastorale che non sia la singola persona, specialmente quando si tratta di persone che vivono una condizione estrema di fragilità”. Raccontando l’esperienza vissuta sull’isola, il sacerdote ha riconosciuto che “la vera sfida è essere comunità, non Chiesa per gli altri”. Un insegnamento valido per ogni realtà ecclesiale, perché “se puntiamo sull’ottica dei servizi, c’è chi fa meglio di noi”. Per don La Magra, “considerare un migrante solo come oggetto di assistenza è il peggiore dei razzismi, il razzismo delle persone buone”. “Quando ci si scopre famiglia, quando ci si accoglie come fratelli allora si scoprono i veri bisogni delle persone, di tutti”. A tal riguardo, il sacerdote ha parlato del Forum “Lampedusa solidale” e del suo impegno per i diritti che “se non sono per tutti sono privilegi”. Un passaggio è stato dedicato anche ai corridoi umanitari, “che consentono ai migranti di arrivare da noi con una valigia, con la propria storia. Da persone”. Don La Magra ha concluso rilevando che “l’evidenza delle cose ci mette in una condizione particolare: siamo chiamati ad agire, ognuno secondo le proprie disponibilità, i propri mezzi e il luogo in cui si trova”.

“La nostra presenza al molo cerca di essere una presenza di accoglienza in mezzo ad una realtà orientata alla difesa. A Lampedusa, infatti, le forze dell’ordine difendono ‘noi’ da ‘loro’ così come il personale medico sta lì per difendere ‘noi’ da quelle che potrebbero portare i migranti in termini di malattie e infezioni. E poi c’è il personale di Frontex che è lì per difendere i confini”. Lo ha affermato questa mattina don Carmelo La Magra, parroco di Lampedusa, intervenendo a Pianezza (To) alla 67ª Settimana nazionale di aggiornamento pastorale del Centro di orientamento pastorale. Nel suo intervento don La Magra ha ripercorso la storia di quest’isola di 6mila abitanti, una realtà rispetto alla quale “nella storia è stato impossibile per i popoli non incontrarla”. Il sacerdote ha ricordato come “dal 1° gennaio 2017 ad oggi più di 1.500 persone sono naufragate in mare senza mai essere recuperate”. Don La Magra ha denunciato anche come su alcune notizie ci sia il quasi totale silenzio dei media: “Qualche settimana fa una motovedetta libica il cui personale è stato addestrato dalla Marina italiana ha sparato ad una motovedetta italiana. Il motivo è che pensavano fossero migranti”. “Solo Avvenire ha dato la notizia e immagino non ne abbiate sentito parlare nei telegiornali”, ha osservato. “Ancora ieri – ha aggiunto – sono stati portati a Lampedusa in elicottero un ragazzo che non ce l’ha fatta ed è morto sull’isola, un ragazzo in avanzato stato di ipotermia e uno ferito da un colpo di pistola dalla Guardia costiera libica”. “Qualcuno vorrebbe far diventare Lampedusa frontiera. E la frontiera presuppone che dall’altro lato ci sia il nemico”, ha ammonito il sacerdote.

(Fonte SIR)