Domenico Sigalini – presidente del COP 

Nel pieno della pandemia, che si cerca di esorcizzare, dando rilevanza quasi ossessiva a quei “quattro” vaccini che solennemente, come in una liturgia, sono stati osannati in mille comunicato radio e TV, rischiamo di abbassare il nostro orizzonte mondiale, se non ci fosse ancora una volta papa Francesco che con il suo discorso urbi et orbi, fatto dall’interno del Palazzo apostolico, ci sveglia e ci mette davanti tutta la guerra che si consuma ancora in ogni angolo del mondo. Ancora di più il tema della pace prende corpo e suggerisce una nuova prospettiva con il suo discorso che ci aspettavamo per la Giornata mondiale della pace del primo giorno dell’anno da almeno 54 anni. C’è una domanda precisa e costringente che Dio fa a Caino dopo che ha ammazzato suo fratello Abele? Dove è tuo fratello? Caino risponde così alla domanda di Dio: «Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9). Papa Francesco ha speso tutta la sua ultima enciclica per aiutarci a rispondere a questa affermazione di Caino: Sì, ciascuno deve essere custode di suo fratello, tutti dobbiamo prenderci cura gli uni degli altri. È la cura per ciascun vivente e per la stessa natura che può offrire l’orizzonte di pace che è necessario al mondo di oggi. È lo stesso Dio creatore che si presenta all’umanità come modello della cura. Infatti “lo stesso Caino, benché su di lui ricada la maledizione a motivo del crimine che ha compiuto, riceve in dono dal Creatore un segno di protezione, affinché la sua vita sia salvaguardata (cfr Gen 4,15). Questo fatto, mentre conferma la dignità inviolabile della persona, creata ad immagine e somiglianza di Dio, manifesta anche il piano divino per preservare l’armonia della creazione, perché «la pace e la violenza non possono abitare nella stessa dimora” (Messaggio del Santo Padre Francesco per la celebrazione della 54.ma Giornata mondiale della pace).

Il comportamento naturale di Gesù è sempre esemplare sul fronte della cura e così ne è diventata configurata la chiesa che con i suoi comportamenti e documenti propone una cultura della cura, che si sviluppa su alcuni principi:

  1. La cura come promozione della dignità e dei diritti della persona.

«Il concetto di persona, nato e maturato nel cristianesimo, aiuta a perseguire uno sviluppo pienamente umano. Perché persona dice sempre relazione, non individualismo, afferma l’inclusione e non l’esclusione, la dignità unica e inviolabile e non lo sfruttamento». Proprio perché uomini o donne abbiamo una dignità inviolabile, anche quando fossimo imbarbariti come Caino che uccise Abele.

  1. La cura del bene comune. Il nostro sguardo deve essere sempre rivolto all’intera famiglia umana. Non ciascuno per sè, ma ciascuno per il bene di tutti, che non è la somma dei beni individuali, ma un bene che mette in comunione tutti sempre e per tutti.
  2. La cura della solidarietà. Amore per l’altro come determinazione di impegnarsi per il bene di ogni creatura. Essere solidali è avere sempre l’altro nei nostri pensieri, nelle nostre azioni, nelle nostre conquiste e nel nostro perdono vicendevole
  3. La cura e la salvaguardia del creato; da qui deriva la cura della nostra casa comune: la terra, che stiamo distruggendo sempre di più. Siamo consapevoli che quando inquiniamo, quando distruggiamo, quando avveleniamo non stiamo prendendoci cura gli uni degli altri, al presente, ma soprattutto togliendo a tutti anche il futuro.

Questa cultura nasce in famiglia, che va rivalutata e aiutata ad essere sempre educativa, formativa, capace di forgiare figli e figlie appassionati della cura verso tutti. Si radica nella scuola e nell’università, che permettono sempre qualificazioni e convinzioni maggiori, specializzazioni utili per animare tale cultura. Si allarga a tutte le religioni, che devono vedere nella cura lo stampo del Dio in cui credono. Si radica in tutte le istituzioni internazionali, con lo scopo di rendere ogni nazione soggetto e non solo oggetto di cura. Non ci sarà mai pace senza una cultura della cura.