Giacomo Ruggeri – pastoralista

Il testamento della generazione IA

Se chiedessi a mio nipote cosa significa «fare testamento» mi guarderebbe con occhi persi, come a dire: cosa dici? Se poi, invece, si sente dire: «La casa dei nonni quando sarai grande sarà tua e sarà messa per iscritto nel testamento», allora sì, capisce subito che ci sarà qualcosa di concreto che sarà suo: dove abiterà, lavorerà, crescerà, ecc. Il nipote, dunque, riceve in eredità un luogo fisico e con il suo carico affettivo e di memoria, dove altri – ora morti – hanno vissuto per tanti anni, e così andando indietro nelle generazioni passate. Ogni domenica, in una sola messa, si proclamano almeno quattro testi della Bibbia, tra Antico e Nuovo Testamento (prima lettura, salmo, seconda lettura, vangelo), senza contare le citazioni bibliche sparse nell’intera celebrazione eucaristica. Moltiplica una messa per le migliaia che sono celebrate in Italia ogni domenica (senza contare quelle quotidiane), e la mole di Bibbia che viene proclamata, pregata, ascoltata e prova a domandarti: perché non incide nelle scelte di chi la ascolta? Perché gli scivola addosso tamquam non esset (come se nulla fosse) sull’impermeabile della vita?

La generazione IA, quella dei miei nipoti, saprà che esiste un Antico e Nuovo Testamento se ci sarà qualcuno (e non basta solo lo zio) non solo che gliela legge, ma che gliela mette letteralmente in mano nel testo di carta. Si parte con il libro pieno di figure, di immagini, per poi passare a testi più scritti. La generazione IA trova già tutto scritto, pensato, elaborato, ragionato digitando due-tre parole in ChatGpt e affini, e si vede ricevere la risposta in pochi secondi. Sarà vera o no? Sarà da verificare con le fonti o va bene così? È una domanda che mio nipote non si pone, sino a quando non c’è qualcuno che gli dice: controlla bene ciò che leggi e verifica da dove viene e chi lo dice.

Domanda: chi sono i profeti Geremia, Isaia, Osea, Amos per la generazione IA? Boh, qualcuno della storia, forse. Domanda: che valore hanno le lettere di san Paolo per la generazione IA? È già grasso che cola se ti rispondono che sanno che ci sono i vangeli (4?) ma non gli hanno mai letti o qualche episodio di ricordo ai tempi delle elementari. Domanda: le ore di studio che un seminarista dedica negli anni del seminario su Antico Testamento, profeti, salmi, vangeli, lettere di san Paolo come le canalizza nel suo servizio in parrocchia e, da giovane prete, nel ministero? E ancora: il conoscere «qualcosa» (studiare è una parola troppo seria) di greco, latino, ebraico (soprattutto perché si deve superare l’esame), come lo aiuta nella relazione con il vissuto delle persone? E poi: congiuntamente all’affrontare l’esegesi (questa che parola è?) di alcuni testi biblici, che cosa ne viene di concreto-relazionale con i problemi delle persone? Anche qui, forse, perché c’è un appello che bisogna superare, portando a casa il voto, purché si vada avanti. Sono domande finalizzate a chiedermi: quale metamorfosi l’insegnamento della sacra Scrittura, ovvero la Bibbia, e con essa i docenti, dovranno affrontare in questo tempo attuale se tale insegnamento vuole sopravvivere a sé stesso? È una questione che pongo in una società analfabeta della religione, dove la vita eterna per la generazione IA è quella – già adesso – di poter ascoltare, vedere un parente-amico defunto per sempre grazie, per l’appunto, all’IA.

Caino, Mosè, Erode, Giuda e la loro storia con Dio. Più la mia

Personaggi come questi, citati nel titolo, sono abbastanza conosciuti dalla gente, se non altro per ciò che evocano: Caino, l’icona del fratricidio; Mosè, l’icona del separatore delle acque; Erode, l’icona dell’infanticidio; Giuda, l’icona del traditore. Nell’opinione pubblica generale la Bibbia è conosciuta a spot narrativi: si lega un fatto di attualità accostandolo a un brano riportato sia nell’Antico come nel Nuovo Testamento, e viceversa. In numerosi programmi televisivi, ad esempio, si assiste a tale raccordo. La Bibbia ha una sua forza di sopravvivenza al di là della sua divulgazione. Nella mente e nel cuore delle persone vi sono incastonati citazioni bibliche evocative di situazioni significative della loro storia di vita. La Bibbia è più conosciuta per ciò che mi aiuta a ricordare particolari momenti della vita che ne per l’insegnamento ricevuto da ragazzi e da giovani in parrocchia/oratorio. Se la categoria della narrazione è una delle più importanti nella sacra Scrittura, la stessa narrazione è il codice che le persone conoscono bene anche senza aver studiato esegesi. Accompagnare il vissuto narrativo delle persone che incontro è già in sé una narrazione di ciò che Dio sta compiendo con ciascuna di esse. Ogni persona, con il suo carico di vita, è una pagina di Bibbia a cielo aperto.

Se a ragazzi e giovani sapremo offrire il codice narrativo per raccontarsi, ascolteremo pagine e pagine di Bibbia vissuta nella loro vita (più o meno consapevolmente) di quanto possiamo pensare.

Tratto da Orientamenti Pastorali n. 4/2024. EDB, Bologna. Tutti i diritti riservati.