Ci siamo immediatamente chiariti i termini che stanno invadendo i nostri discorsi e pensieri legati alla parola sinodo, proprio per non inflazionarli e concentrare pensieri e azioni del nostro essere persone attive nella vita della nostra chiesa. Sinodo si riferisce alla celebrazione effettiva di un evento, sinodalità è una dimensione costitutiva della chiesa, sinodale, termine diffusissimo, indica per noi processi ecclesiali caratterizzati da dialogo, ascolto, confronto tra tutte le parti in causa, che non sono solo i cristiani praticanti, pure in continua diminuzione.

Abbiamo accolto quindi l’invito ad approfondire la comunione ecclesiale che si realizza in un cammino comune, uno stile di ricerca, in strumenti e luoghi di discernimento comune, in una sinodalità diffusa, che si esprime sicuramente anche con organismi di partecipazione, ridefiniti, veramente rappresentativi e aperti. Ci siamo dati convegno per confrontarci, ma con la decisione di avviarci con speditezza per cogliere al volo e sfruttare appieno una occasione preziosa che avrà bisogno di grande pazienza, grande capacità di ascolto e grande umiltà. Dobbiamo imparare ad agire sinodalmente tutti: laici, presbiteri, vescovi e papa. Questo significa anche passare da un modo di procedere deduttivo e applicativo di norme e prospettive, a un metodo di ricerca e di sperimentazione che costruisce l’agire ecclesiale dal basso, in ascolto dei territori e della gente, non solo dei praticanti.

Modestamente il COP ha da sempre definito così la pastorale e ne fa fede tutta la documentazione che da tempo produciamo sulla sinodalità e a come è stato costruito il percorso di questa 70esima settimana. Siamo giunti a questo momento in grande comunione con la chiese che sono in Italia e, non a caso, c’è stato tra noi il presidente della CEI, il card. Bassetti, proprio per inserirci direttamente e esplicitamente nel cammino della chiesa italiana, in fedele ascolto e continuazione con le iniziative di papa Francesco che fin dal convegno di Firenze ha continuato a stimolarci a questa sinodalità concreta e visibile ad ogni livello di vita ecclesiale e di dialogo con tutte le realtà dei nostri territori.

Non deve essere un evento da celebrare, ma un modo di essere comunità cristiana che offre e dona la bellezza del vangelo. Papa Francesco ci ha detto esplicitamente che il cammino della sinodalità è quello che oggi il Signore ci chiede. E’ un cammino che fa la chiesa universale e in essa si pone quella italiana e quella di ogni nostra realtà diocesana, parrocchiale, di associazioni e movimenti. Il percorso sinodale nella chiesa primitiva c’è sempre stato, con esso ha affrontato le sue sfide e anche noi vogliamo metterci in questa scia. Ogni chiesa che è in Italia dovrà affinare lo sguardo per dare rilievo e assecondare i segni di rinascita, che già sono presenti anche dentro questa pandemia.

Iniziamo con un esercizio di lettura del presente, consapevoli che lo sguardo dei credenti e delle comunità cristiane è illuminato dallo Spirito  e che,  se il vangelo di Gesù è capace di umanizzare l’uomo, la nostra riflessione si deve fondare sul nuovo umanesimo in Cristo Gesù. La sinodalità  non è fare un Parlamento, ma lasciarci condurre dallo Spirito, che incontriamo sempre nella preghiera.

La Pandemia segnerà sicuramente ogni nostra elaborazione e ricerca, anche se non ne dobbiamo essere succubi. La pandemia, secondo le parole profetiche di papa Francesco, ci ha fatto vedere come fino ad oggi abbiamo creduto di essere sani in un mondo che in realtà era ammalato. Può diventare un tempo provvidenziale, l’occasione per trovare una “buona notizia” anche nel mezzo di restrizioni e di dolore, un tempo dello Spirito. Abbiamo riflettuto su come ripartire da Dio, con uno sguardo alle vittime, immaginare un nuovo modo di essere chiesa e risvegliare l’annuncio del vangelo e la spiritualità della vita quotidiana. Le nostre case hanno scoperto di essere chiese domestiche con al centro tutti i battezzati, l’uso dei social può dare tante possibilità all’annuncio del vangelo, senza ritenerlo una soluzione di comodo. La sfida della fede non è quella di cancellare le difficoltà, ma di rinnovare la vita alla luce del vangelo e quindi far avanzare una scoperta della Parola di Dio dentro la vita.

Ci ha anche felicemente sorpreso contemplare Gesù che prendeva la sue decisioni in relazione sempre con gli interlocutori, trasformato per così dire da un ascolto profondo delle persone e dei fatti che gli si presentavano. Il piano divino può svelarsi anche attraverso le comuni mediazioni umane e Gesù è disponibile a cambiare alcuni tratti del piano che si era prefissato, ma solo di fronte alle esigenze degli altri. Bella la precisa dimensione sinodale della chiesa primitiva, sempre immersa nella preghiera. La dimensione sinodale come raggiungere certezze e  è soprattutto chiara nell’assemblea di Gerusalemme per decidere la missione ai pagani e prendere decisioni.  Non è bastata la Pentecoste per aprire gli apostoli alla missione, ha avuto una sua parte anche la persecuzione, i fatti neri, diremmo noi della vita.

L’attenzione nostra è andata molto sulla sinodalità come chiave portante della Chiesa di oggi e del futuro. La natura della comunione, sempre dono di Dio, opera e vive in una forma sinodale, che si lascia trasformare da dinamiche in cui vede tutti i battezzati protagonisti, soggetti ecclesiali, corresponsabili. Sarebbe una chiesa squilibrata se le mancasse la parola e la vita di laici e laiche, con il loro apporto specifico di carismi, competenze, differenze di genere. Il ruolo del vescovo in una chiesa sinodale è di essere garante del consensus fidelium, di presiedere il processo in quello stare sulla strada di tutti, di discernere quanto la vita fa emergere, custodire l’apostolicità della fede  e così poter dire quel noi della Chiesa in cui siamo tutti, ma che tutti ci unisce e conduce.

Si deve fare una seria riflessione teologica per una sinodalità integrale , che mentre disegna la forma della chiesa diventa pure fermento e parola che indica uno stile dell’essere chiesa ne segna il pensare, l’ideare, il decidere, il realizzare e il verificare il cammino della chiesa nel tempo. Ci sarà da ripensare con molta passione e partecipazione ai processi decisionali con tutte le interazioni differenziate, ma dentro un afflato che è più grande di noi, che lo Spirito non fa mancare, che ci può vedere talvolta contrapposti, ma sempre alla ricerca di un si che tutti converte e coinvolge. Non potrà assolutamente mai mancare la preghiera allo Spirito Santo che diventa attore e guida della chiesa come dono di Gesù che ci lascia dopo il suo tornare a sedere alla destra del Padre, la sua morte e risurrezione.

Ci siamo applicati anche a leggere e valutare le virtù sinodali, con il loro caratteristico stare a due a due , a coppie, come spesso indicava anche san Francesco nel suo governo del vasto mondo dei suoi frati, la santa povertà con la santa umiltà, la santa sapienza e la santa semplicità, la santa carità e la santa obbedienza. Coppie che permettono allo Spirito di impregnare la vita di chi le accoglie come dono di Dio e le vive come dono ai fratelli e all’umanità. Decisiva sempre, se si tratta di virtù, la forza dello Spirito che va sempre invocato. In questo modo abbiamo collocato la sinodalità nel suo giusto ambiente, di non essere cioè la ricerca di una strategia per conquistare, ma una forza per camminare assieme. Allora si può dialogare e incontrare, non cercare la nostra fetta di potere; coraggio di affrontare i conflitti e soffrire nel risolverli e trasformarli in un anello di collegamento a un nuovo processo.

A questa benedetta sinodalità occorrerà poi sapersi formare alla grande; si tratta di entrare dentro un nuovo modello di far crescere, di aiutare a configurare la propria vita a questa nuova visione di chiesa che ci viene affidata. L’idea più importante da tenere bene in considerazione è che per vivere la sinodalità occorre grande conversione. Non si tratta di adattamento, di escamotage di furbizia, di riverniciatura di una vecchia catechesi frontale, ma di essere presi da ciò che ci tocca profondamente, una sorta di innamoramento, di sposarne la logica per favorire la generatività, far crescere la vita attorno a sé, disponibilità al cambiamento di se stessi. E’ un lavoro necessario e molto decisivo per far crescere una chiesa sinodale in tutte le sue manifestazioni, a partire dalla chiesa domestica, a quella delle nostre parrocchie senza prete, alle comunità cittadine, fino alla diocesi. Qui occorrerà mettere in atto anche strumenti fruibili da tutti, percorsi previ e grandi tentativi calibrati in cui si impara crescendo. Nessuno ora ha formule magiche. Serve la pazienza  e la creatività ancor più forte di tutte le nostre formazioni di animatori per tutte le età che ci hanno impegnato nel passato, con una dose di esperienza spirituale e di preghiera molto curata.

Non poteva mancare al nostro convenire la gioia e la letizia francescana, quella semplicità e felicità che si sprigiona dal sentirci amati da Dio alla follia. La gente ha bisogno di incontrare testimoni credibili, anche perché sono felici; hanno una visione della vita attraente, sanno andare oltre i tentativi di affossamento, di denigrazione della serie: non fa ‘l fanatico, tieni i piedi per terra, non vorrai cambiare il mondo… Non c’è nessun “vattene” che tenga e che ci tolga dalla attenzione, cioè dal tendere verso l’altro sempre; dall’umiltà, pronti a ricevere ogni seme di bellezza e di gioia e dalla felicità. La gioia di san Francesco ci deve contagiare e l’essere ad Assisi, ci permette di averlo come protettore dei nostri progetti, tentativi, calibrati, offerta di collaborazione per crescere sempre più verso una chiesa sinodale.

Questo cammino della sinodalità è stato lanciato, non inventato, anche se molti di noi non l’hanno capito, o hanno fatto finta di niente, con la Evangelii Gaudium, che giustamente è stato definito come un fiume carsico in questo progetto di papa Francesco che ha avuto un avallo esplicito  col suo discorso  sulla “Chiesa costitutivamente sinodale” dell’ottobre 2017 fino alla proposta di un cammino sinodale della chiesa italiana dentro l’orizzonte e la proposta di un’esperienza di sinodalità a tutti i livelli della vita della chiesa di questi giorni.