Il docente di teologia fondamentale Francesco Cosentino ha affermato: «La crisi (relata alla pandemia) può essere un tempo provvidenziale, un invito a scoprire una nuova strada nel deserto che viviamo, l’occasione per trovare una “buona notizia” anche nel mezzo del dolore. Come Chiesa siamo chiamati a chiederci: si è trattato di una parentesi nell’attesa che tutto ritorni come prima oppure c’è una lezione da imparare? Come sta la nostra fede davanti alla crisi? Come sta la Chiesa davanti alla crisi? Quali opportunità? Quale lezione imparare per la nostra relazione con Dio, il nostro modo e stil di essere Chiesa e la nostra spiritualità?»

La risposta del teologo: «Vorrei indicare tre grandi sfide, all’interno delle quali ovviamente sono contemplate molte e diverse declinazioni pastorali, su cui si può riflettere con creatività.

  1. Ripartire da Dio, con uno sguardo alle vittime;
  2. Immaginare un nuovo modo di essere Chiesa;
  3. Risvegliare l’annuncio del Vangelo e la spiritualità della vita quotidiana».

Il teologo ha evidenziato: «Si può dire che la crisi può essere un’occasione importante per interrogarci nuovamente sulle false concezioni di Dio che ancora presiedono alcuni nostri discorsi e su un certo modo devozione attorno al quale giriamo. È al contempo un’occasione per ripensare i linguaggi dell’annuncio. Sarà anche un’occasione positiva per uscire da una concezione pastorale, liturgica e più in generale spirituale, fondata esclusivamente sulla celebrazione della Messa, e, per di più, in una visione tridentina che pone il prete al vertice. Al contempo si può riflettere su come, a fronte di numerose e spesso poco curate celebrazioni eucaristiche, ci sia ancora poco spazio per l’annuncio, l’evangelizzazione, le altre forme di preghiera cristiana, la centralità della Parola di Dio, la lectio divina».

Il docente ha concluso citando Tillard: « “Siamo certamente gli ultimi di tutto uno stile di cristianesimo”. – Con un auspicio: – Dobbiamo (quindi) accogliere e salutare la fine di un certo stile di cristianesimo, perché esso non soffochi quella nuova figura di cristianesimo che lo Spirito Santo sta facendo germogliare già qui e ora».