Pier Giuseppe Accornero – sacerdote, giornalista, scrittore

Singolare sorte di due martiri del Coronavirus, uccisi da due beneficati e protetti: a Como don Roberto Malgesini, 51 anni; a Riposto (Catania) il camilliano fratel Leonardo Grasso, 78 anni.

Don Roberto Malgesini

Ricordando il prete assassinato a Como, papa Francesco all’udienza generale del 16 settembre 2020 si unisce «al dolore e alla preghiera dei familiari e della comunità comasca e, come ha detto il suo vescovo, rendo lode a Dio per la testimonianza, cioè per il martirio, di questo testimone della carità verso i più poveri. Preghiamo per don Roberto e per tutti i preti, suore, laici, laiche che lavorano con i bisognosi e gli scartati dalla società. Lo ricordiamo impegnato in opere di solidarietà e nell’accoglienza di persone senza dimora: la sua testimonianza di sacerdote rimanga come segno tangibile di quell’amore che Gesù chiede ai cristiani: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,34-35)».

Stava per iniziare il giro delle colazioni. Davanti alla chiesa di San Rocco in centro a Como, dove alloggiava, la sua Panda grigia era colma di biscotti, brioches e caffè. Il 15 settembre 2020 alle prime luci dell’alba stava per iniziare il giro di colazioni per i poveri quando uno degli uomini che sfamava e aiutava lo ha colpito al collo con un grosso coltello da cucina procurandogli ferite mortali. Racconta l’agenzia di stampa «AGI»: «Con il sangue sugli abiti, lasciando ampie chiazze per terra, ha imboccato un sottopasso e si è presentato alla caserma dei Carabinieri dichiarando di avere ucciso il prete amatissimo dagli ultimi, i quali hanno dato vita per tutto il giorno a una processione tra lacrime e urla di dolore». Radhi Mahmoudi è l’assassino: «Arrivato in Italia nel 1993 dalla Tunisia, si era sposato con un’italiana e lavorava. Poi si è sgretolato tutto. Si è separato, non lavorava più, dormiva in parrocchia e vagava per la città». Spesso la colazione gliela portava don Roberto che lo seguiva da anni. Condannato in via definitiva per estorsione e maltrattamenti in famiglia, aveva visto scivolare via il permesso. Era stato espulso due volte, ma i provvedimenti erano rimasti sulla carta.

Un santo della porta accanto. La Conferenza episcopale italiana e la Caritas esprimono cordoglio. Mons. Oscar Cantoni, vescovo di Como, lo definisce: «Un santo della porta accanto per la semplicità, l’amorevolezza con cui è andato incontro a tutti, per la stima che ha ricevuto da tanta gente anche non credente o non cristiana, per l’aiuto fraterno e solidale che ha dato a tutti». Intervistato da «TV2000» afferma: «Lascia l’insegnamento di amare i poveri in qualunque situazione, da qualunque provenienza e da qualunque religione; è un martire della carità. Era un prete veramente evangelico che si è donato a tutti con una semplicità di cuore e con una gratuità veramente invidiabili. Ci insegna ad accostarci a tutti, a partire dai poveri che riconosceva come la carne di Cristo, e a servirli e amarli. Per i poveri è stato veramente un padre. Per me è stato come un figlio e ci vedevamo spesso. Mi raccontava della sua attività facendo emergere le realtà più belle, perché svolgeva questo suo ministero con gioia. Una vocazione nella vocazione». Il suo assassinio colpisce molto l’opinione pubblica, ma qualche giornale di destra propala la menzogna: «Prete ucciso da immigrato, ma la Caritas dà la colpa agli italiani». Il papa invia a Como il suo elemosiniere, cardinale Konrad Krajewski, per i funerali.

Nella «tenda san Camillo» una notte

Sotto il Crocifisso c’è un grande drappo marrone con la scritta «Pose la sua tenda in mezzo a noi» (Gv 1,14) che dà il nome alla «Tenda San Camillo», comunità di assistenza ai malati di Aids e di recupero per tossicodipendenti a Riposto in provincia di Catania e diocesi di Acireale. Nella notte del 5 dicembre 2020 è stato ucciso fratel Leonardo Grasso, 78 anni, camilliano, fondatore e responsabile della comunità. L’assassino ha appiccato l’incendio per coprire l’omicidio. La ricostruzione è dei Carabinieri che identificano e bloccano l’omicida: un 52enne ospite della struttura che, secondo l’accusa, appicca il fuoco è fugge con l’auto della vittima: lo individuano grazie all’antifurto satellitare montato sulla vettura. Il tossicodipendente confessa. Il movente? Motivi personali. L’omicida ha agito mentre fratel Leonardo dormiva: lo ha cosparso di alcool e ha appiccato il fuoco. I vigili del fuoco hanno spento le fiamme; hanno trovato, nella sua stanza, il corpo senza vita di fratel Leonardo.

Da ricco si era fatto servo dei poveri. Dal 1996 la «Tenda San Camillo» era la casa di Leonardo. Raccontava di aver cambiato vita a 46 anni, scegliendo di dedicarsi agli altri. La svolta dopo la morte dei genitori. Agente di commercio con un’attività ben avviata, lascia tutto e a 50 anni emette i voti tra i camilliani, chierici regolari ministri degli infermi, fondati da san Camillo de Lellis a Roma il 14 agosto 1582. Nel maggio 2014, raccontando la sua esperienza a «La vita in diretta», nel quarto centenario della morte di san Camillo, conferma di essere felice a fianco di sofferenti e bisognosi, senza rimpianti per una vita ricca di divertimenti ma che lo lasciava svuotato e carico di domande. La sua parabola è simile a quella di Camillo de Lellis: dopo un’esistenza scapestrata dedica la vita a Dio nell’aiutare gli altri. Dice mons. Antonino Raspanti, vescovo di Acireale e vicepresidente della Conferenza episcopale: «Questa vicenda ci lascia sgomenti. Fratel Leonardo è stato sempre l’anima di questa opera. Tantissime persone sono passate da qui, alcune ci sono rimaste anni. Si è sempre dedicato con passione a queste persone che attraversano momenti difficili e che a volte sono aggressive».