Fortunato Ammendolia – Responsabile della comunicazione del COP

 

Eucaristia e internet

Nella breve esistenza terrena di Carlo si è naturalmente e pienamente realizzato quell’intreccio – cioè la “sintesi” – tra le C della pastorale ovvero tra celebrazione, catechesi e carità, dove carità va intesa come vita. Quella di Carlo, infatti, è stata una vita trasformata, o meglio trasfigurata dalla parola di Dio e dall’eucaristia: la parola di Dio, come bussola, ovvero ciò che dà orientamento e con cui confrontarsi costantemente; e l’eucaristia come autostrada per il Cielo, un via diretta da percorrere verso l’infinito che è la nostra patria. Carlo diceva: “Stando dinanzi a Gesù eucaristia si diventa santi”. Il suo messaggio ci invita a non morire come fotocopie e a potenziare quell’originale che è in noi. Ecco, quell’originale è appunto la vocazione che ciascuno ha come essere unico e irripetibile, il senso della propria esistenza nella storia. Non per moda, quindi, ma per vocazione Carlo ha iniziato a “scrivere” nella rete − con pagine web − il messaggio della fede, un messaggio pieno del suo amore per l’eucaristia. Aveva compreso la necessità che occorreva anche abitare l’ambiente digitale per una trasfigurazione dell’uomo, che è poi l’obiettivo della pastorale digitale. Deve essere stato sconvolgente per i suoi amici toccare con mano come Carlo restava “realmente” vicino a “Gesù” anche nell’esperienza della rete. Da informatico e studioso di pastorale digitale traduco questa vocazione di Carlo con #ReteEucaristica.

Carlo Acutis, l’eucaristia, la rete e, più in generale, l’informatica

L’orientamento che ereditiamo è fondamentalmente educativo ad una spiritualità eucaristica, dove, spirituale, come già detto, non è qualcosa di disincarnato, ma è un agire che sa di vangelo, in un costante dialogo con Dio. Carlo avrà sognato “progetti di educazione all’Eucaristia onlife”, ovvero tra realtà e digitale. Se ne ha conferma nella mostra dei Miracoli eucaristici, ideata dal giovane nel 2002, fatta di pannelli, e oggi proposta anche sul web all’indirizzo www.miracolieucaristici.org. Probabilmente, con essa, Carlo oggi avrebbe colto le opportunità della realtà aumentata (ovvero l’aumentare un’immagine con descrizioni) e di quella virtuale (ovvero dell’immergersi in un ambiente digitale) per rendere ancor più verosimile la mostra: ci avrebbe lavorato come informatico, nell’ottica del team, secondo il suo stile (nella mostra dei Miracoli eucaristici, Carlo, coinvolse i familiari).

Cosa vuol dire educare all’eucaristia onlife? Innanzitutto educazione sta a dire fare della rete un luogo dell’«interessare, orientare, preparare e dibattere», non del celebrare e adorare. Se così non fosse verrebbe meno, infatti, il requisito essenziale della presenza fisica. E Carlo soffriva molto nel vedere le chiese vuote. Di qui, un impegno educativo nella rete, per ripopolare poi le chiese parrocchiali. Lui, infatti, usava dire: «Gerusalemme ce l’abbiamo sotto casa».

Carlo Acutis: quale eredità per gli informatici di oggi

Papa Francesco, nell’esortazione scritta dopo il sinodo sui Giovani, lo ha presentato come modello di santità nell’era digitale «Sapeva molto bene che i meccanismi della comunicazione e delle reti sociali possono essere utilizzati per farci diventare soggetti addormentati, dipendenti dal consumo, ossessionati dal tempo libero, chiusi nella negatività. Lui però ha saputo usare le nuove tecniche di comunicazione per trasmettere il vangelo, comunicare valori e bellezza». Mi piace leggere questa frase del Santo Padre come invito ad un uso etico della rete, rivolto a quegli informatici (i cosiddetti cracker) che “sabotano” la rete per rubare informazioni. E mi piace leggerla soprattutto alla luce di quell’evento «Vatican Hackathon», apprezzato da Francesco, tenutosi in Vaticano nel marzo del 2018, in cui 120 giovani esperti in diversi settori dell’informatica, provenienti da sessanta università del mondo e appartenenti a fedi diverse, hanno fatto a gara per trovare e proporre soluzioni tecnologiche ai problemi di oggi. L’eredità di Carlo per gli informatici è questa: una programmazione e un uso dell’intelligenza artificiale in senso etico. Perché dinanzi all’ultimo respiro – per Carlo, il culmine della vita – un informatico credente possa dire: “Sono contento di morire perché ho vissuto la mia vita senza sciupare neanche un minuto di essa in cose che non piacciono a Dio”; oppure, se ateo,: “… in cose che non hanno fatto male all’uomo”.

(tratto dall’intervista su Radio Vaticana – https://www.vaticannews.va/it/chiesa/news/2020-10/acutis-beato-internet-chiesa-cop.html)